Sembra quasi una persona normale Beppino Englaro. E’ seduto tranquillamente nel foyer del teatro prima che inizi lo spettacolo “Una questione di vita e di morte” di Luca Radaelli, vera e propria veglia per la figlia Eluana. Sembra quasi una persona normale Beppino. Sembra. Ma non lo è. E’ un eroe? Probabilmente sì, anche se non gradisce una definizione del genere; ma come si può definire un uomo che ha lottato quanto ha fatto lui? Un eroe civile. Non ci sono altre parole. Un uomo che ha dato voce alla voce di una figlia immobilizzata in un letto per diciassette anni. Era vita quella? Non lo era probabilmente (anche se tanti hanno sostenuto con convinzione che lo fosse), e Beppino, insieme alla moglie Saturna, ha lottato per Eluana, per il suo diritto a non essere più un vegetale. In fondo Eluana ai genitori lo aveva raccontato in vita, mentre finivano gli anni Ottanta e iniziavano i Novanta: se le fosse accaduto qualcosa, se fosse finita in coma irreversibile come quei due suoi conoscenti diventati vegetali, lei quella vita non voleva farla. Quel triste destino accadde, accadde il 18 gennaio 1992.
«Eluana è stata sempre una ragazza libera»
Papà e mamma Englaro sono in settimana bianca, Eluana resta a casa con la Bmw di famiglia e decide di andare in discoteca con le amiche. Sulla strada del ritorno l’impatto fatale con quel palo della luce a causa dell’asfalto ghiacciato. Le lesioni al suo cranio sono gravissime e, dopo un periodo di coma, finisce in uno stato vegetativo. Per ben 17 anni. Eluana muore il 9 febbraio 2009. Muore mentre tutto il Paese dibatte sulla sua vita, sulla sua morte, sulla sua condizione, sui protocolli, sulle sentenze, mentre la politica strumentalizza un dramma così grande. Beppino Englaro avrebbe potuto fare come tanti: chiedere di poter accudire la figlia a casa e staccare la spina nel silenzio. Non lo ha voluto fare, chiedendo l’interruzione dell’alimentazione artificiale ha voluto far prevalere le volontà di quella figlia consapevole e decisa, lo ha fatto anche quando gli gridavano d’essere l’assassino di quella ragazza, non poteva fare diversamente. Ha voluto piantare un fiore in quel “deserto” in cui si è trovato a partire da quel gennaio 1992.