Che la ‘Ndrangheta e l’Isis possano unirsi per fare “affari” da oggi non è più una ipotesi peregrina ma diventa una indagine vera e propria messa in piedi dalla procura di Reggio Calabria e a dirlo non è uno qualunque: è Federico Cafiero de Raho che di quella procura è il capo e che ha spiegato come la Direzione distrettuale antimafia stia indagando su possibili legami. Due i motivi che mettono in allarme la Dda reggina. Il primo è da ricercare nello sbarco di migranti che su quelle coste è ormai diventato sempre più frequente. Fra i disperati che sbarcano sulle coste calabresi non è da escludere – secondo il magistrato – la possibilità che vi siano infiltrati o simpatizzanti dell’Isis che usano questa strategia per arrivare in Italia. Ma arrivati in Calabria che succede? Secondo Cafiero de Raho potrebbe esservi un appoggio logistico della ‘Ndrangheta alla cellula terroristica e il motivo sarebbe da ricercare negli affari. ‘Ndrangheta e Isis muovono ingenti somme di denaro, lo Stato islamico dell’Iraq e della Siria in particolare “maneggia” cifre che superano i due miliardi di dollari, e le cosche calabresi, dagli elementi che arrivano da Reggio Calabria, potrebbero offrire appoggi logistici in cambio di armi e droga. “E’ chiaro che in un territorio così capillarmente controllato dalla ‘Ndrangheta – spiega de Raho – il terrorismo può avere un appoggio logistico, coperture in aziende agricole, in terreni di montagna o anche produrre documenti falsificati in cambio di armi e droga”. Se le piste degli inquirenti dovessero trovare conferma, il segnale sarebbe più che inquietante. Ma Calabria e Isis si sono incontrate già due volte negli ultimi tempi. C’è chi fa notare come molti degli 80mila combattenti del Califfato islamico siano raggruppati e ragionino per “famiglie” così come la famiglia, il clan, è alla base della ‘Ndrangheta. Affinità certo ma anche tante divergenze che potrebbero assottigliarsi in nome degli affari. Un calabrese, la scorsa estate, anche se la storia è balzata alle cronache solo pochi giorni fa, è stato arrestato in Kurdistan, a Erbil, diretto verso l’Iraq dove, per sua stessa ammissione, voleva unirsi all’Isis (leggi qui). Calabrese, della provincia di Reggio, il trentacinquenne viveva da tempo a Bologna. Il secondo collegamento Isis-Calabria lo hanno fatto i Servizi segreti italiani che, dopo la strage di Charlie Hebdo, hanno inserito la Moschea di Sellia Marina, in provincia di Catanzaro, nella lista dei luoghi di culto da attenzionare nel nostro Paese. M’hamed Garouan, imam della moschea, ha ribadito, al Quotidiano del Sud, che “Isis, Al Qaeda e quelli che fanno la guerra non sono legati all’Islam, ma fanno quello che hanno nella loro testa”. Nelle ultime ore però non si parla solo di Islam in Calabria. Papa Francesco è infatti tornato a lanciare un appello alla conversione diretto ai mafiosi come già fece nella sua visita a Cassano allo Jonio dopo la tragica morte del piccolo Cocò (qui il report di Valeria Castellano e Ilenia Caputo). Questa volta il Santo Padre ne ha parlato a Roma ricevendo in udienza la diocesi di Cassano e comunicando anche che il sostituto di monsignor Galantino, diventato segretario generale della Conferenza episcopale, arriverà presto. “A quanti hanno scelto la via del male e sono affiliati a organizzazioni malavitose – ha tuonato Bergoglio esaltando poi le bellezze del territorio calabrese davanti agli “ospiti” – rinnovo il pressante invito alla conversione”.