La Calabria potrebbe campare di sanità. Una provocazione? Fino a un certo punto, vediamo perché. Lo sanno pure le pietre, la Calabria eccelle in emigrazione sanitaria. Le statistiche lo confermano: è la regione in cui ogni anno 37mila malati residenti rinunciano a curarsi solo per via dei tempi di attesa proibitivi, per intenderci. Quanto costano i viaggi della sparanza alle tasche di tutti? Un patrimonio. Leggiamo dai bilanci che l’ente Regione Calabria ha speso in cinque anni 1,8 miliardi di euro per far curare 60mila calabresi fuori regione; di questi poco meno di 460 milioni di euro sono spesi direttamente per l’assistenza ai congiunti ricoverati fuori regione, con la quota di famiglie residenti soggetta a spese sanitarie cosiddette “out of pocket” (farmaci, case di cura, visite specialistiche, cure odontoiatriche, etc.), ovvero a spese che superano il 40% della loro “capacity to pay“, fra le più alte d’Italia.
Secondo l’annuale studio Demoskopica, nel solo 2013 il saldo economico tra la mobilità attiva, cioè le prestazioni erogate da strutture calabresi a cittadini residenti in altre regioni, e la mobilità passiva, ossia le prestazioni erogate in altre regioni per residenti in Calabria, si è attestato a poco meno di 252 milioni di euro a debito per il sistema sanitario calabrese, compresi i saldi degli anni precedenti. Questa tendenza a farsi ricoverare fuori si sta riducendo negli anni (-12,4% rispetto al 2009), ma sta diventando più dispendiosa (+8,4%, poco meno di 22 milioni). Un apparente paradosso che gli specialisti spiegano con la maggiore attrattività dei “pazienti emigrati” calabresi verso le cure di alta specialità e di eccellenza, che notoriamente costano di più.
Mentre testate molto importanti si stanno occupando in modo sacrosanto delle assurde contraddizioni del sistema sanitario locale, raccontando la chiusura – avvenuta, avviata o paventata – di alcuni centri d’eccellenza sul territorio calabrese (si veda per ultimo il caso sul centro per risveglio dal coma di Crotone, a rischio chiusura nonostante standard di livello internazionale) a noi sta a cuore avventurarci nel campo della fantasia. La domanda è questa: quanti e quali medici fra i migliori al mondo potrebbe permettersi la sanità pubblica in Calabria con i soldi che spende per curare i suoi cittadini fuori regione?
Risposta: sei dei primi dieci medici più pagati del mondo, elencati dall’annuale classifica di Forbes.
Il Dottor Phil McGraw, che guadagna 245 millioni di dollari. Soprannominato Dr. Phil, probabilmente lo psicologo più famoso del mondo avendo interpretato se stesso in molte serie tv e film. Nel 2011 è stato anche al 18° posto della classifica di Forbes sulle star più potenti del mondo. Il Dottor James Andrews, che ne guadagna 100 millioni di dollari. Chirurgo ortopedico presso l’Andrews sports medicine and Orthopaedic Center, il Dr. Andrews è il medico della squadra di football americano della National Football League dei Redskins di Washington. I suoi clienti più famosi sono, per esempio, Michael Jordan, Reggie Bush, Bo Jackson e Troy Aikman. Il Dottor Terry Dubrow, 30 milioni di dollari di onorario, il famoso chirurgo plastico protagonista del reality show chiamato The swan (il cigno) dove deve trasformare l’aspetto delle protagoniste, da brutti anatroccoli a cigni e i suoi colleghi Leonard Hochstein, 20 milioni di dollari e Robert Rey (il Dr.90210 della tv), 15 millioni di dollari. Sempre restando al mondo della tv si potrebbe assumere anche il Dottor Mehmet Oz, chirurgo cardiotoracico ma anche famosa star televisiva che siamo abituati a vedere nel Dottor Oz, visto che è in dodicesima posizione con un patrimonio di 14 milioni di dollari.
So cosa state obiettando, la notorietà (e quindi la ricchezza) raggiunta da questi eccellenti professionisti è dovuta alla televisione, ma anche tenendosi lontano dalle luci della ribalta il paragone resta più che valido, visto che un medico americano percepisce in media 200mila dollari l’anno e che in molti altri paesi professionisti con lo stesso standard prendono ancora meno. Insomma, a conti fatti la Calabria con i soldi che spende a far curare i suoi cittadini fuori potrebbe mettere in piedi la migliore squadra medica in circolazione, servire al meglio i propri pazienti e diventare polo d’attrazione per quelli di altre regioni o nazioni. Ma questo solo se due non fossero vere due cose: che i medici che lavorano in Calabria o i medici calabresi in genere non siano già loro in grado di garantire standard professionali altissimi, e per la stragrande maggioranza lo sono, e che il sistema sanitario regionale sia qualcosa di pensato davvero per l’interesse del paziente e non per l’enorme sacca di spesa pubblica che da decenni uccide persone e diritti in nome del profitto privato. Su questo secondo punto avremmo qualche difficoltà in più ad argomentare. 1,8 miliardi di euro di difficoltà in più, per essere precisi.
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In copertina | Davide Luppi, medico a Kabul, fotografato per “Destination Hope” un progetto dedicato ai viaggi della speranza