Angiola A. aveva 33 anni quando, nei primi mesi del 1884, varcò i cancelli del ricovero di mendicità Umberto I di Cosenza. Internata per “mostruosità”. A causa del suo aspetto fisico, rovinato da una disfunzione tiroidea, veniva definitivamente sottratta allo sguardo sdegnoso della città. Il ventiquattrenne Francesco P., inabile al lavoro per una grave imperfezione fisica, semplicemente “storpio” nel ruolino nominativo, fu relegato a vita nella prigione degli inutili al pari del trentaquattrenne Michele P., anche lui affetto da “cretinismo” e, dunque, imperfetto. Nel ventre molle del gigante dormiente, ex ricovero di mendicità “Umberto I” di Cosenza, Mmasciata.it rientra quasi tre anni dopo la prima inchiesta (QUI), arricchita di storie e immagini da riportare alla luce. Una storia mostruosa che ricostruiamo in una inchiesta a puntate: 117 anni di abusi commessi, dal 1880 al 1997, ai danni di povera gente nel luogo in cui patologie fisiche e mentali si confondevano a quelle amministrative.
Se Cosenza è Gotham city, come dice più di qualcuno, sul colle Pancrazio c’è il suo “Asylum”. Alla fine dell’800 nel casermone sulla collina degli imperfetti vigeva un regime chiuso e formalmente amministrato, per dirla con Erving Goffman. Il potere inglobante dell’istituzione totale, raccattava tutti gli scarti sociali di una città postunitaria che cominciava ad assaporare il gusto e assieme lo slancio della propria “epoca bella”. I freaks, letteralmente mostri, oppure scherzi della natura, non erano ammessi fra i normali. Mentre le borghesie nordeuropee scoprivano nei circhi le tre gambe del siciliano Frank Lentini o le deformità facciali dell’elefante umano Joseph Merrick, a Cosenza “il mostruoso” veniva semplicemente relegato alle pendici del castello svevo normanno che domina colle Pancrazio. In una società in cui il lavoro era misura di tutte le cose, l’inabilità si traduceva in “pericolosità sociale” innanzitutto da contenere entro cancelli, confini prestabiliti e poi conoscere, catalogare entro tabelle, ruolini, cartelle cliniche. Leggiamole insieme.
Mostruosità, cretinismo, cattiva costituzione, grave conformazione o imperfezione fisica, atrofia, deformità, paralisi, sclerosi erano, assieme a età grave, denutrizione, anemia, cecità, malattie pregresse, epilessia e incontinenza, queste erano le cause privilegiate d’internamento nel ricovero di mendicità “Umberto I” dal 1880 al 1884. Proprio in quegli anni, la struttura raddoppiò la propria popolazione, da 40 a 80 pazienti affidati alle cure del medico massone Fraschitto Fiorini, futuro sindaco della città, e gestiti secondo precise regole monastico-militari e stringenti divieti.
Se da un lato l’allora direttore Salvatore Turani, barcamenandosi in una gestione dei poveri in economia, si sforzava di dimostrare che “la salubrità dell’aria, la sanità del cibo, la cura igienica del corpo mirabilmente concorrono a renderli relativamente vegeti e, per quel ch’è possibile, pieni di vigoria e salute”, i numeri da lui stesso prodotti provavano la scarsità degli alimenti – “una razione al giorno e senza che si desse companatico la sera” – mentre un’inchiesta lo accusava di ammanchi nelle casse della struttura.
Perché il vero cretinismo si è dimostrato quello di chi ha gestito nei decenni questo lager fatto passare per ente morale, una manica di imprenditori, politici e affaristi che fra balletti e scarichi di responsabilità hanno torturato la povera gente e dissipato le risorse della comunità.
I veri mostri erano loro.
(fine prima parte, continua)
Seconda Parte | Umberto I, lager di mendicanti