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L’INCHIESTA | Ricovero Umberto I, parla l’ultimo amministratore

Matteo Dalena
Matteo Dalena
Marzo31/ 2015

di Matteo DalenaUmberto I oggi

Angela I. ha quasi 60 anni e ancora pettina le bambole. Tutto il giorno chiusa in camerata, le suore hanno il loro bel da fare per schiodarla dal quel mondo quasi a parte. Tra il refettorio e le scale staziona completamente nudo Giuseppe S., si è strappato di dosso i vestiti, gliene daranno altri ma dureranno poco. Gina M. è pronta a uscire. Come tutte le mattine da trent’anni attende davanti all’ingresso, tra chiostro e portineria, che qualcuno la porti via di lì.

Sono fra gli ultimi ospiti del ricovero “Umberto I” di Cosenza. Nella prigione degli inutili di colle Pancrazio, gli anni ’80 e ʼ90 del 1900 sono fra i più cupi: una quindicina di anime fragili costrette in un limbo di dimenticanza, tra zuffe politiche e scarichi di responsabilità, con la falsa carità della politica che anziché programmare servizi e stanziare fondi per gli ammalati, li accumulavano negli istituti di credito per acquisire interessi . È appena l’inizio della fine.

LO CHEF SOCIALISTA E’ il 1991 quando Tonino Napoli, socialista in quota Antonio Acri, all’epoca presidente della Provincia, viene posto a capo del nuovo consiglio di amministrazione dell’ente morale. Ha deciso di raccontarci la sua versione su quegli anni. Sperava in qualcosa di diverso per quegli anni, ma non si tira indietro: prende il “pennacchio” e fa la cosa che gli riesce più di qualsiasi altro, si mette ai fornelli. Il difficile però era far quadrare i conti. Con i contributi annui di Provincia e Comune, pari a poco meno di 30 milioni di lire e con la sola aggiunta delle pensioni minime dei ricoverati, la baracca scricchiola. La struttura, che non vede lavori di adeguamento da decenni, è fatiscente: umido alle pareti e impianti elettrici non a norma costringono i ricoverati a continui spostamenti interni. Tra 1993 e 1996 la popolazione dell’Umberto I passa da 9 a 5 ricoverati, tre dei quali affetti da patologie mentali. Tonino Napoli bussa alle porte di politici e club services, si organizza persino un convegno in un lussuoso hotel di Rende rilanciato con titoli roboanti sui giornali, ma le casse dell’ente morale rimangono desolatamente vuote: Non c’era nessun interesse essenzialmente perché «l’affare Umberto I non muoveva voti – spiega l’ex amministratore ai nostri microfoni – era solo il lavatoio della coscienza della città e noi amministravamo il niente»

l'avviso di bando del 1997
Avviso di bando da “Gazzetta del Sud”, Cosenza, 23 maggio 1997 (p. 9); 12 giugno (p.11).

SCONGIURARE LA FINE  È il 15 marzo del 1995 quando Napoli si trova davanti la missiva con la quale la Regione Calabria dispone per la prima volta lo sgombero dell’ Umberto I. Seppur essendo il ricovero sotto il controllo della Provincia, ma di fatto amministrato da un consiglio autonomo, tutta la materia relativa all’assistenza è di competenza regionale. Il risanamento sociale e strutturale tocca invece ad Usl e Comune. Ma girano voci di un grosso finanziamento regionale e, pertanto, bisogna prendere tempo per scongiurare la fine. Dopo incontri e trattative viene stanziato quasi un miliardo delle vecchie lire. Sembra quasi la svolta. E’ il 1996 quando l’Azienda Sanitaria inoltra alla Regione la richiesta di riconversione del ricovero in un centro residenziale e semiresidenziale per disabili psichici sulla base di uno studio di stabilità. Il progetto viene approvato, i lavori dati in appalto a un’azienda romana che entro il 2000 avrebbe dovuto realizzare persino un ostello per anziani bisognosi e un centro per la terza età cosentina con collegamenti Atac da tutte le zone della città. finisce in bagarre politica sulle nomine del comitato di gestione e con i lavori paralizzati. Il 23 maggio e il 12 giugno compare sui quotidiani un avviso pubblico relativo a un bando di gara da parte dell’Azienda Sanitaria n. 4, relativo a “Lavori di trasformazione ricovero Umberto 1. in RSA disabili e Centro Semiresidenziale Cosenza”. L’importo a base d’asta è di 1 miliardo e 550 milioni di vecchie lire, la firma in calce quella dell’allora direttore generale Lucio Sconza. Poi più nulla.

ARRIVANO I NAS Nel pomeriggio del 19 giugno del 1997 i Carabinieri del Nas fanno irruzione nel ricovero Umberto I su mandato del pubblico ministero Davide Ognibene. Vengono rilevate gravi insufficienze di carattere igienico sanitario. Il rapporto redatto dai militari parla di anomalie nella funzionalità del ricovero tali da disporre il sequestro probatorio della struttura al fine di mantenere integro lo stato dei luoghi fino alla conclusione delle indagini. I tre componenti del consiglio di amministrazione, tra cui lo stesso Tonino Napoli, vengono raggiunti da altrettanti avvisi di garanzia per abbandono di persone incapaci. Sul registro degli indagati compaiono anche i nomi del sindaco facente funzioni Pietro Bruno, più avanti verrà ascoltato anche il sindaco Giacomo Mancini. Alla fine della vicenda giudiziaria saranno tutti assolti.

Vent’anni dopo Tonino Napoli è laconico: «La volontà era quella di togliermi perché pensavano che fosse un posto dove potessero stare dei soldi. Non c’era niente, in sostanza. L’interesse politico di qualche sciocco che voleva essere più realista del re pensando di far piacere al potente di turno del Comune di Cosenza. I soldi stanziati per l’Umberto primo non sono finiti nell’Umberto I. Non è stata messa nemmeno una pietra. Qualche progetto venne pagato ma non si sa quale. La Procura della Repubblica dovrebbe dare delle risposte».

Ci torneremo.

(fine terza parte, continua)

Prima parte | Ricovero Umberto I, una storia mostruosa

Seconda Parte | Umberto I, lager di mendicanti

 

Matteo Dalena
Matteo Dalena

Storico con la passione per la poesia, imbrattacarte per spirito civile. Di resistenza.

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