«Erano solo in tre ma era come se fossero in 100». Le ricorda una per una Antonio De Filippis, impiegato con mansioni da tuttofare nel ricovero “Umberto I” di Cosenza. Le suore erano il pilastro di una struttura oramai al collasso, bisognose di tutto ma con l’orgoglio di non chiederlo a una politica troppe volte assente. Alla fine del mese di giugno del 1997, a pochi giorni dal blitz dei Nas che chiuderà la struttura, tre piccole suore vestite di bianco compaiono davanti al pubblico ministero Davide Ognibene per gli interrogatori di rito. Da “persone informate dei fatti”, ricostruiscono tutto un mondo di piccoli sforzi tesi all’assistenza materiale e spirituale degli inutili, lassù sulla collina degli imperfetti.
Le condizioni di vita e di lavoro erano proibitive. L’allora pubblico ministero, oggi sostituto procuratore presso il tribunale ordinario di Trento, ascolta in silenzio quel racconto discreto di fatiche quotidiane tese a ricavare oro dai pidocchi, separando la polvere dal pane e le vane promesse dall’amara realtà. Per circa trent’anni tre religiose appartenenti all’ordine delle “Piccole operaie dei sacri cuori” si prendono cura di anziani e infermi in una struttura ai limiti della decenza, costrette per ogni tipo di mansione a dover contare unicamente sulle proprie robuste spalle e su quelle di Antonio “Beppe” De Filippis. Uno che con le poche migliaia di lire di paga ci comprava lamette e sapone da barba per tutti i ricoverati. L’archivio della casa generalizia di Roma è custode di frammenti fotografici, missive e altri carteggi utili a riconsegnare alla memoria collettiva esempi di bontà e dedizione alla causa degli ultimi. La presenza delle “piccole operaie” nel ricovero di colle Pancrazio è attestata sin dall’aprile del 1911 sotto la direzione di suor Caterina Caterino che, come si legge negli atti che abbiamo consultato, insieme alla piccola comunità di religiose svolse una eccellente missione verso quanti costituivano il rifiuto della società. Cinque anni più tardi le religiose fondano il collegio femminile di “San Giuseppe”, operando non solo nel campo della formazione ma prestando opera nel Lazzaretto degli scarlattinosi.
Particolarmente significativa l’esperienza di suor Aurelia Palaia che nell’Umberto I trascorre 43 dei suoi 67 anni di vita,«dove lavorò con abnegazione e spirito ammirevole. C’è chi la ricorda fino all’ultimo giorno appoggiata a una debole canna, mentre invogliava i vecchietti alla preghiera e dava loro conforto e sollievo spirituale». Dopo di lei suor Scolastica e, ancora, Sofronia, Ada, Generosa, continuano a dibattersi tra camerate, lavanderia e cucina, vanga e rosario, consapevoli che per farsi bastare quelle 1.600 lire per la preparazione delle 3 razioni giornaliere di ciascuno dei 5 ricoverati devono fare salti mortali.
Saranno proprio le religiose, tra l’estate e l’autunno del 1997, le ultime abitanti della struttura già sequestrata ma concessa in custodia dal Gip Nadia Plastina alle stesse suore in attesa di incidente probatorio. Proprio in quel periodo, mentre una parte della città chiedeva a gran voce l’affidamento definitivo dell’ex ricovero alle “Piccole operaie dei sacri cuori”, le stesse prive di qualsiasi forma di sostegno ne uscirono in punta di piedi ai principi del 1998, mettendo di fatto fine alla vita della struttura.
L’ULTIMO ANGELO Tra loro anche Assunta Forte, classe 1933, o più semplicemente suor Fiorenza. La religiosa oggi vive tra acciacchi e ricordi smozzicati, conducendo un’esistenza semplice nella casa di riposo “San Giuseppe”, confinante proprio con l’ex ricovero Umberto I, accudita da suor Ottavia e dalle altre consorelle. Ci accoglie col sorriso innocente di bambina, relegata quasi in un’esistenza precedente, della vicenda “Umberto I” ricorda poco o nulla. Ma sono decine gli atti e testimonianze dirette a descriverla come esempio di bontà, dispensatrice di sorrisi e sollievo agli ultimi degli ultimi. Lassù, sulla collina degli imperfetti, batteva un cuore sacro.
(fine quarta parte, continua)
Prima parte | Ricovero Umberto I, una storia mostruosa
Seconda Parte | Umberto I, lager di mendicanti
Terza Parte | Umberto I, Parla l’ultimo amministratore