Festival Internazionale del Giornalismo, anno nove giorno uno. Dove tutti imparano da tutti è stata l’indicazione più sentita nei caldi corridoi dell’Hotel Brufani di Perugia, dove rombano i motori della fuoriserie guidata da Arianna Ciccone e Cris Potter e spinta da un allegro esercito di volontari.
Per ora la nostra stanca pattuglia ha più dato che ricevuto, ma lo spirito è di quelli cazzuti. Due le deviazioni lungo la strada che dalla Calabria ci ha portato fin qui. Ai piedi del Pollino e del Gran Sasso la nostra macchina di montanari si prostra a visioni maestose, ma solo la seconda l’abbiamo vissuta per scelta. Del buon Diego, nocchiere fotografo che ama il viaggio come sinonimo di avventura. Per la prima volta le curve ci è toccate inghiottirle per il crollo di un pilone del Viadotto Italia all’altezza di Laino Borgo, un disastro che ha causato la morte di un giovane operaio rumeno, precipitato con la sua ruspa in un vuoto di ottanta metri. Una tragedia intollerabile, su un cantiere pubblico devastato da decenni di corruzione. Pablo è qui con noi per la prima volta, ma è per tutti una specie di capitano; ormai qualche anno fa sul corpo del delitto più lungo d’Europa scrisse la tesina per diventare professionista. Professionista come le decine che in uno dei qualsiasi paesi rappresentati al festival sarebbero arrivate a frotte sul luogo del crollo, ma dove faticano a muoversi le persone a volte non arrivano nemmeno le notizie.
Mi auguro che a #ijf15 si parli anche di questo nuovo media. pic.twitter.com/pOQlhI2coy
— Dio (@lddio) 13 Aprile 2015
Noi alla fine arriviamo, sudati e alla spicciolata. Superata la stanchezza proveremo anche a raccontare. Intanto seguiamo tutte le masterclass previste dal programma, provando a pensare il meno possibile ai funerali di Stefano, uno di noi che metteva l’eco dei dischi davanti al mare è che troppo presto è finito mescolato alla terra e ai tumori. Pare che durante il rito funebre di pomeriggio ignoti gli hanno svaligiato casa, terra maligna e in cancrena, meno male siamo lontani per scoprirlo.
Ci sediamo dove speriamo vadano presto le bestie che hanno compiuto un gesto simile, al fresco, e proviamo a concentrarci sulla domanda del giorno: cosa diavolo sono gli unicorni in redazione? Proviamo a scoprirlo grazie ai direttori digitali del Guardian e del Wall Street Journal, fra gli altri, in un panel – e gli affezionati ricorderanno con quanta fatica negli anni passati abbiamo risolto il mistero del “panel” -. Per quasi due ore si parla, in buona sostanza, di come si integra il mestiere degli sviluppatori con quello dei giornalisti in redazioni tipo il Nyt, la Bbc, del Guardian; per gente che ha lavorato in redazioni dove i giornali avevano i filtri ai social network è stato un po’ come per una squadra di palla avvelenata iscriversi ai playoff Nfl.
Francesco è anche lui all’esordio e prova a chiedere in inglese chi sono gli unicorni italiani. In sale risate che manco la Merkel e Sarkozy. Qui da noi nelle redazioni vanno forti i cinghiali, quelli che quando sono feriti fanno le magie di non pagarti, di chiuderti il giornale e il sito, di importi lo stampatore, di veicolare le notizie sui sottosegretari del governo. In fondo, in modi diversi, è anche per questo che siamo qui. Perché una scelta c’è sempre. Due anni fa nel periodo del festival molti di noi erano in redazione a fare il loro lavoro, lo scorso anno la redazione la occupavano perché l’Italia si accorgesse di quanto sia diventato difficile e importante in alcuni posti scrivere le notizie. Quelle semplici, ché non arrivi alla terza “W”, figuriamoci ai graphic data.
Ma da giù non è facile far arrivare le persone, figuriamoci le notizie.
REVIEW #IJF15: