Angela tutte le mattina si sveglia alle 5.45 per raggiungere l’Università della Calabria. Vorrebbe rimanere ancora un altro po’ sotto il suo piumone caldo, ma il suono della sveglia è violento, continuo e determinato quanto lei. Vive a Mangone, un paesino di circa 1.800 anime, distante venti chilometri da Cosenza e ventiquattro da Arcavacata. Lì fa freddo, quasi sempre piove e spesso nevica anche. E lei non ha scelta. Specie se la prima lezione del giorno è alle 8.30. Il pullman che dal suo paese arriva in città, parte alle 6.55. E’ l’unico che arriva nel capoluogo, perché tutte le altre corse si fermano a Piane Crati da dove dovrebbe prendere poi un treno per Cosenza. Il costo del biglietto è di 2 euro e 40 centesimi, donati amichevolmente all’autista che, con tutta la buona volontà del caso, tra curve insistenti che rendono indimenticabile la colazione fatta pochi minuti prima, in non meno di quaranta minuti raggiunge l’obiettivo. Il primo di una lunga serie. E sì, perché, una volta messo piede sul suolo cosentino, Angela non ha il tempo di fermarsi, di prendere un caffè o capire da che parte andare. Deve sbrigarsi, non c’è spazio per riflettere. Tutto deve essere pianificato prima, nei minimi dettagli. E allora, con passo da atleta consumata, circondata dai rumori del traffico e dagli ostacoli di una città-cantiere alla continua ricerca della normalità, corre verso “I due Fiumi“, centro commerciale a pochi passi dal Municipio, fa il biglietto (il secondo della mattina) per il pullman del consorzio autolinee di Cosenza (al prezzo di 1 euro e 60 centesimi) e aspetta, dai dieci ai venti minuti, il primo pullman disponibile che passa ogni ora esatta (quando si dice l’efficienza!) e, una volta ripartito, impiega trenta minuti pieni a raggiungere il campus di Arcavacata. E così, quasi tre ore e 26 chilometri dopo il diabolico trillo della sveglia, la nostra protagonista può finalmente accomodarsi tra i banchi dell’Unical e seguire la sua lezione. Quasi tre ore di strade, deviazioni, attese, corse e stress impensabili considerando la distanza e l’epoca in cui Angela vive.
Certo, come per ogni viaggio, ci sono percorsi alternativi. Più di una volta infatti, la nostra ostinata protagonista, approfittando della bella giornata ha raggiunto Piano Lago a piedi, con un passaggio o con la macchina, per prendere poi il treno delle 7.20 per Cosenza ( costo 1.80 €). Ma non è possibile farlo tutti i giorni. Il ritorno a casa, ovviamente, richiede la stessa bontà d’animo nei confronti dell’umanità: se rientra nella tarda mattinata, nuovo viaggio di mezz’ora su di un pullman del consorzio (sempre al prezzo di 1.60 €), attesa del treno (1.80 €) o del pullman Amaco (1.50 €). Tempo totale: un’ora e dieci minuti (pause d’attesa dei mezzi escluse). Sicuramente meno rispetto allo sfiancante forcing dell’andata ma con una giornata di corsi e bestemmie, non palesate per educazione, sulle spalle. In caso di rientro forzato dopo le 17 però, Angela quelle alternative non le ha più: sempre di corsa e abolendo ogni pensiero, deve obbligatoriamente salire su un autobus delle Ferrovie della Calabria diretto a Catanzaro ma che, per fortuna, si ferma a Piano Lago dopo cinquanta minuti di percorso. Qui deve sperare in un passaggio o, in casi estremi, non può fare altro che tornarsene a Mangone a piedi. Costo del biglietto? Imprecisato. L’autobus in questione, infatti, prima di immettersi sull’autostrada, passa dall’autostazione della città bruzia, anche per permettere ai pazienti passeggeri di fare il biglietto il cui prezzo varia al continuo adeguamento dei chilometraggi, dall’1.20 € ai 2.40 €, e poi ti porta più o meno dove vuoi. Più o meno a casa. Se Angela potesse prendere ogni giorno la propria auto per raggiungere l’Unical, in 20 minuti, traffico permettendo, sarebbe sul posto. Ma, come tanti altri studenti dell’hinterland cosentino, non può permetterselo. O almeno così pensava prima di iscriversi all’Università della Calabria. Ora non può permettersi neanche i mezzi. Per due motivi: i costi (circa 7 euro al giorno) e la propria salute (che, almeno sulla carta, dovrebbe valere molto di più).
Francesco Veltri