(dai nostri inviati)
Sono da poco passate le nove. Il primo giorno della nona edizione del Festival del fumetto inizia prima dell’orario di apertura. Almeno per i giovanissimi appassionati della materia, che dalle prima ore della giornata, in un centro storico caotico e rumoroso come non è più da anni, attendono in fila ordinata di entrare al Mam, dove alle 10 si apriranno le porte per la mostra “Le stanze del desiderio” della star dell’evento cosentino, Milo Manara. Lo staff corre da una parte all’altra, tra il quartier generale del Festival e la sede della Provincia, infischiandosene delle salite vertiginose e dribblando più o meno agevolmente automobili in costante movimento e agenti provinciali in presenza massiccia lungo le vie della manifestazione. La stanchezza è già evidente sui volti di tutti, ma questo era stato messo in conto. Alle 11 è prevista la conferenza stampa di Manara, che arriva scortato dal direttore artistico Luca Scornajenchi e dal sindaco e presidente della Provincia Mario Occhiuto, a sua volta scortato da un uomo della Digos (pare che le minacce ricevute negli ultimi tempi dal primo cittadino bruzio siano aumentate). Inizia proprio lui a parlare e a fare gli onori di casa. «Da giovane – afferma – sono stato un accanito lettore di fumetti come Zagor, che è il mio preferito da sempre. Oggi, certamente, apprezzo Manara (che, ascoltando, si strofina gli occhi concedendo inconsapevolmente ai giornalisti presenti un ghigno spontaneo e più che mai eloquente, ndr). L’esperienza ormai duratura dei ragazzi del Festival – prosegue Occhiuto – dimostra come sia possibile creare eventi di portata nazionale anche in questa terra. Apprezzo questi ragazzi che hanno avuto la capacità di formare una cooperativa che anche attraverso l’autofinanziamento riesce a creare cultura e di conseguenza posti di lavoro. Non posso che essere orgoglioso di tutto questo».
Prima del fumettista trentino, arrivano gli interventi di Raffaele De Falco della Bonelli Editore, che sottolinea come la sua azienda abbia deciso di puntare sul Festival sin dalla prima edizione. «Quest’anno – rivela – avremo uno stand per la prima volta in nove edizioni. Nonostante le difficoltà organizzative per i vari impegni che precedono e arrivano subito dopo questo appuntamento, volevamo assolutamente esserci anche questa volta. Abbiamo portato dodici autori che potranno interagire con il pubblico». Dopo Luca Scornajenchi che presenta dettagliatamente il programma dedicando un passaggio particolare alla mostra di Flavia Sorrentino “Comics Food”, che si è inventata una storia in cui tutti i supereroi lasciano gli Stati Uniti, colpiti da una catastrofe epocale e si ritrovano casualmente in Calabria, è Marina Comandini a interpellare Milo Manara con un ricordo sul suo compagno di vita Andrea Pazienza e sulla sua Kawasaki, donata al museo cosentino. «Ci abbiamo viaggiato tanto. Per Andrea – svela la Comandini – non era solo una moto, era un modo di vivere. Credo che sia un simbolo della sua vita, di ciò che è stato e di ciò che ha pensato, e ho deciso di lasciarla proprio qui, per premiare lo sforzo di chi sta portando avanti questo bellissimo progetto».
Spazio infine al Manara pensiero: «Io sono un habituè di Cosenza, stavolta vengo come ospite d’onore. La volta precedente ero il secondo, alle spalle di Patti Smith, e non è poco. Il fatto che qui ci sia un museo del fumetto è qualcosa di meraviglioso. Mi pare sia l’unico in Italia, quindi complimenti doppi agli ideatori. Da fumettaro, non può che essere un piacere essere qui». Arriviamo le domande che abbiamo potuto porgli. Una colpisce l’esperto disegnatore: c’è ancora spazio in questo Paese per un il fumetto impegnato? «Certo che c’è spazio – replica Manara – ma dipende dagli autori. Io sono un sessantottino e ai tempi di “un fascio di bombe” (il fumetto che fece verità sulla strage di piazza Fontana, ndr), c’era anche una parte politica pronta a finanziarci. Ma la vera forza era la natura povera di questo linguaggio che ci permetteva di fare cose che il cinema non poteva fare. Oggi, con internet, gli spazi si sono moltiplicati ma, ripeto, dipende dagli autori». In conferenza stanpa erano arrivate anche proposte dai colleghi. Come quella di un possibile corso di laurea in fumetto all’Università della Calabria che Manara accoglie favorevolmente. «Ma non chiamatemi a gestire niente – tiene a precisare – non ne sarei capace». Il grande artista durante tutta la giornata è affabile e generoso, sorride a chi lo chiama “maestro” e cita lo scrittore lombardo Alberto Arbasino, che diceva che «nella carriera degli italiani il successo si divide in tre fasi: brillante promessa, solito stronzo e venerabile maestro. Noto con piacere – rivela ironicamente Malara – di aver superato la seconda fase». Poi saluta con garbo i più giovani, tenendoci ad augurargli buona fortuna.