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MONTE ATHOS | Le bugie del paradiso vietato alle femmine

Giovanni Culmone
Giovanni Culmone
Febbraio10/ 2016

foto e testi di Giovanni Culmone

Un giovane monaco greco con gli occhi piccoli guarda severo chi ha di fronte e incute un po’ di paura. Sarà sulla trentina, ha la barba tutta arruffata che lascia intravedere qualche buco. Un alto signore con capelli rossicci sorride, forse divertito da uno sbadiglio o dai pensieri che nasconde.

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Monaco ortodosso sul traghetto che porta a Dafni

Sono le tre e mezza di mattina quando la gigantesca recita prende forma: come un grande formicaio la chiesa ortodossa, eretta al centro di questo monastero del X secolo d.C., si popola di decine di monaci che in un movimento frenetico entrano ed escono. Segno della croce (prima a destra poi a sinistra) ed entrano. Segno della croce ed escono. Si può solo essere spettatori: ai cattolici (l’opzione ateo nemmeno esiste) è permesso solamente di stanziare nel nartece, quello che una volta era il luogo di pentimento. Come se venisse da un mondo lontano, il kyrie eleison, come una litanìa, va avanti fino alle sei. La zuppa di patate, le tre zucchine e il pane nero vanno mangiate in circa quindici minuti, il tempo che un monaco impiega per leggere la vita del santo del giorno: oggi è Santa Teodora. Questo è il monastero di Karakalou. Questo è il Monte Athos.

Tra tutte le parole, “contemporaneo” è tra le più false e ipocrite. È l’illusione di poter unificare tempi differenti, quando invece in ogni epoca convivono epoche diverse. Qui sul Monte Athos oggi non è il 10 giugno ma il 28 maggio, non sono le 22.15 ma qualcosa come le 01.15. Dall’alto della torre che sovrasta il monastero George, un monaco olandese di origini africane, racconta la storia di questo posto e i fondamenti della fede ortodossa.

«Non si ha né il tempo né l’interesse di studiare i massimi sistemi» mi dice sorridendo «qui bisogna fare, bisogna mettere in pratica la vita dei santi».

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Ognuno «mette in pratica» la propria vita senza chiedere troppo agli altri e il senso di comunità si perde nella ricerca individuale. Da visitatore, bisogna sforzarsi per ricercare «la gioia di vivere» nella ritualità dei gesti e delle preghiere, nel silenzio durante i pasti e nelle parole risicate prima di entrare in chiesa. Gli affreschi sulle pareti dello skiti (comunità di monaci) rumeno Timos Prouromos non aiutano: donne lapidate e uomini scannati, teste mozzate e crocifisse ovunque. Il diavolo è più presente di Cristo su queste mura.

Eppure il posto agevolerebbe la ricerca. Il Monte Athos è una Repubblica Monastica che si estende lungo la “terza gamba” della penisola Calcidica, Grecia nord-orientale, per 50 km di lunghezza e 8-12 km di larghezza. Querce, uliveti, conifere e castagni ricoprono i circa 335 km² del territorio. Il divieto di balneazione è più di una punizione per chiunque abbia visto il mare che bagna le coste rocciose, ma la vera condanna riguarda le donne: non ammesse. Al sesso femminile è proibito mettere piede sul Monte Athos, siano esse persone o animali. Eccezion fatta per cani, gatti e galline, a cui viene dato comunque un nome maschile.

È il contemporaneo che è messo in crisi. Che questa fosse una terra di contraddizioni non era difficile intuirlo. I monaci che accompagnavano le comitive di russi con portafogli pesanti sono campioni di trasformismo: erano professori che portano gli alunni in gita ed erano puttane che si fanno pagare il paradiso.

Giovanni Culmone
Giovanni Culmone

Il giorno che il direttore mi invierà su Tralfamadore mi sentirò realizzato. Farò foto e video di quel paradiso. Mi piace la fotografia analogica e il rovescio a una mano: mi piacciono le cose complicate.

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