–PARIGI, 20 nov.–
(di Massimo Cerulo)
Dopo giornate di cielo terso e temperature gradevoli, per quanto autunnali, nuvole e veli accompagnano lo svilupparsi di questa domenica di novembre, consacrata in Francia al primo turno delle elezioni primarie per scegliere il candidato alle Presidenziali di primavera.
Jamais à droite. A droite jamais!, urlavano gli studenti del maggio parigino, mentre un giovane Pierre Bourdieu li intervistava per confutare la tanto declamata uguaglianza nell’accesso alla cultura attraverso la frequentazione delle scuole francesi. Mai come in questa giornata tale urlo è messo in discussione, di fronte alla “partecipazione eccezionale” (copyright BFM TV) che gli elettori francesi stanno facendo registrare in queste ore.
Passeggiando, come di consueto, attraverso il quinto e il settimo arrondissement, in tarda mattinata, alla disperata e vana ricerca di una boulangerie aperta, Parigi si mostrava come sempre sonnacchiosa nei giorni di festa, tra studenti in partenza-arrivo, sportivi diretti al Jardin du Luxembourg e anziane signore di ritorno dalle celebrazioni religiose. Ma ci pensavano gli edicolanti a ricordare a tutti il tema principe della giornata. Da Le Figaro (diretto protagonista), a Le Monde, da Le Canard a Libération fino al Journal du Dimanche era tutto un susseguirsi di titoli dedicati “al giorno”. Prima volta delle primarie del centrodestra, con sette – dico sette – candidati (soltanto una donna) e, soprattutto, con una profonda incertezza riguardo al nome dei due vincitori che andranno a sfidarsi domenica prossima nel ballottaggio decisivo. I tre moschettieri in ballo sono vecchie volpi della politica transalpina (Alain Juppé, già Ministro e braccio destro di Jacques Chirac; Nicolas Sarkozy, già Presidente; e François Fillon, già Primo Ministro e in fortissima rimonta nelle previsioni degli istituti di statistica).
I sondaggi di ieri mattina – queste “scienze prive di sapere”, come Pierre Bourdieu insegnava oltre venti anni fa nel suo corso di sociologia al Collège de France – li davano praticamente alla pari, mentre diversi politologi vedrebbero di certo vincitore odierno il ‘vecchio’ Juppé in quanto supportato dalla coalizione più ampia. Eppure, un po’ tutti i quotidiani non hanno lesinato aperture violente venerdì mattina, il giorno dopo l’ultimo dibattito a sette in diretta tv. Titoli come “La carica degli sconosciuti” o “Si può votare il nulla” (lanciati chiaramente da giornali schierati a sinistra) che tuttavia lasciavano percepire la paura del “grand fantôme” di queste elezioni: quella Marine Le Pen che non partecipa in quanto molto più a destra dei sette candidati e, soprattutto, troppo smaliziata per prestarsi a valutazioni in anticipo rispetto all’obiettivo delle Presidenziali. Le ombre non lanciano frecce e all’alba spariscono. Marine ha sapientemente ignorato qualsiasi confronto con i candidati in ballo, conscia che la guerra la si muove quando il vero nemico si sarà materializzato all’orizzonte.
Ma rientrando in casa ho avuto la sorpresa: tutti i canali televisivi hanno aperto le edizioni di metà giornata sottolineando l’enorme partecipazione registrata ai seggi in mattinata: ben oltre un milione di votanti secondo il comitato organizzatore alle ore 12. Folla trainata dagli organismi partitici o presa di responsabilità democratica da parte dei Francesi? Ho rivolto questa amletica domanda ad alcuni amici con cui ieri sera ho avuto il piacere di condividere una degustazione di vini provenienti dalla zona del Rodano nella fidata enoteca “Le vin qui parle” à Saint-Germain: sia Loïc che Rodolphe, da me interpellati, temono l’onda lunga dell’elezione di Trump su suolo francese: una “distruttrice” come Marine Le Pen, che fa della chiusura all’esterno la sua forza, potrebbe rappresentare la ‘terza’ sorpresa in questo mondo occidentale dove tutto sta cambiando? Dopo la Brexit e l’elezione di Trump, la Francia potrebbe chiudere la trilogia di quelli che passeranno alla storia come gli eventi che sconvolsero la geopolitica mondiale?
Di parere opposto è la mia vicina di casa, la signora Josephine di anni 80 che stamattina, fermandomi nell’androne del palazzo, mi racconta che certo è andata a votare e lo ha fatto per Fillon, perché il più “rassicurante” tra i tre: Juppé è vecchio e Sarkozy è troppo legato al mondo della finanza – mi confessa. E poi, non prima di avermi gentilmente invitato a bere qualcosa di caldo su da lei, mi confida con certezza mista a speranza che Marine non vincerà mai, perché i parigini la associano al padre e ai suoi proclami fascisti. Come tale, non potrà mai trionfare – continua la dolce Josephine – e quindi il vincitore delle Presidenziali uscirà da queste primarie (la Sinistra non viene neanche presa in considerazione dopo gli anni di Hollande). C’è da sperarci, continuo a ripetermi mentre apro un rosé di Provenza, ben conscio che i Parigini fanno storia a sé, lo hanno sempre fatto e no, cara Josephine, non corrispondono per nulla al resto degli elettori Francesi.
(1. Continua).