Ho una concezione Etica di Twitter. Forse Pippo Fava, grande firma siciliana uccisa dalla mafia, avrebbe tuonato così in uno dei tantissimi incontri che hanno i new media come argomento di discussione all’ottava edizione del festival del giornalismo. Molto più probabilmente avrebbe odiato queste nuove chincaglierie.
Nel mondo di una professione precaria come quella del giornalismo sono rimaste poche cose alle quali appigliarsi. Twitter ha cambiato il mondo dell’informazione. Su questo ormai sono d’accordo tutti. Ne è sicura Sara Marshall la social media manager del WASHINGTON POST, tra i giornali americani più social-mente influenti su twitter, e ne è convinto anche Paolo Valentino, storico inviato del del CORRIERE DELLA SERA.
Le nuove tecnologie e la vecchia cronaca che puzza di inchiostro hanno qualcosa in comune?
Forse sì, anche se la risposta esatta sarebbe: tecnicamente non proprio.
Antonio Roccuzzo, storico allievo di Pippo Fava e oggi giornalista di La7, ricorda e sottolinea come il cronista abbia il compito di vedere la realtà e riportarla; così come viene e senza essere influenzato. Il cronista scrive le cose che i lettori non vorrebbero leggere. Parafrasa Orwell e non ha dubbio che così come sulla carta anche sul foglio web il cronista deve informare e svolgere il ruolo di vigilante nella società. Il tempo di un buon caffè e la voce Sara Marshall catechizza l’attenta platea. “Seguite i vostri utenti e scrivete quello di cui stanno discutendo”.
Il giornalista è l’artigiano dell’informazione. Dovrebbe badare poco a quello che è di tendenza. Pippo Fava non avrebbe avuto una concezione etica di Twitter, avrebbe scritto il suo articolo proprio come ha fatto. Magari avrebbe raggiunto un sacco di like, un commento e una condivisione. Ma a 30 anni dalla su morte non ci sarebbe stata una voce di donna commossa a leggere il suo pezzo.