Il Pride di Cosenza è diventato un caso nazionale. Venerdì 12 maggio l’amministrazione comunale rappresentata dal primo cittadino Mario Occhiuto – lo stesso che dallo stesso ruolo firmò il patrocinio al “Calabria Pride” tenutosi per la prima volta in questa regione, a 20 anni di distanza dal primo Pride italiano, sabato 19 luglio 2014 a Reggio Calabria – stavolta, dopo non aver inteso incontrare gli organizzatori, ha deciso di negare il patrocinio gratuito alla manifestazione perché – si legge in una nota ufficiale – in disaccordo con la spettacolarizzazione delle scelte sessuali che tale evento comporterebbe. Mettendo da parte il dibattito di opinioni, spesso tribale, scaturito in questo fine settimana sulla questione, abbiamo ritenuto utile andare a ritroso per verificare i fatti e vedere se davvero di questo si tratta.
Lunedì 8 maggio è stato il primo giorno di una serie di eventi di avvicinamento che porteranno, praticamente in contemporanea con iniziative simili in tutto il mondo, al corteo previsto per il primo luglio. La senatrice Monica Cirinnà, firmataria della legge sulle unioni civili, è stata l’ospite d’onore prima nell’aula Caldora dell’Università della Calabria e poi al palazzo della Provincia. Molte (ma non tutte) le autorità al suo fianco, ma soprattutto tanti cittadini. Dopo una serie infinita di abbracci e selfie, siamo riusciti a incontrarla per porle alcune domande.
A quasi un anno di distanza dal DDL che porta il suo nome cosa pensa sia cambiato in Italia?
“Finalmente due persone che si amano non vengono discriminate solo perché appartenenti ad una coppia di persone dello stesso sesso. Due uomini e due donne esistono come famiglia, come coppia e come amore anche per il nostro Stato.”
Perché l’Italia è stata il penultimo paese europeo ad approvare una legge sulle unioni civili?
“Il nostro Paese vive dei conflitti culturali ed ideologici molto forti, ma la legge finalmente è arrivata ed è una legge piena dal punto di vista dei diritti.”
La legge approvata in Parlamento è però monca rispetto alla proposta iniziale.
“Manca tutta la parte sul riconoscimento della genitorialità e sul riconoscimento delle famiglie arcobaleno, certo, ma credo che questo Parlamento non abbia i numeri e una composizione sufficientemente laica e libera per affrontare i temi dell’eguaglianza che ancora manca a queste coppie. Sono convinta che con una spinta propulsiva molto forte che viene dalla società per un nuovo Parlamento sarà possibile arrivarci. Ora che la legge c’è ci vuole lavoro culturale, la normalizzazione di queste famiglie e di questi amori che non devono più fare notizia, come non fa notizia il mio matrimonio eterosessuale.”
La seconda attività delle iniziative previste ha preso corpo in un incontro formativo tenuto all’University Club ad Arcavacata di Rende, nel quale lo studioso Cirus Rinaldi, ricercatore a Palermo e autore del manuale “Sesso, sé e società. Per una sociologia della sessualità” (edito da Mondadori) ha discusso con Giovanna Vingelli, esperta di studi di genere e direttrice del Centro Women’s studies “Milly Villa” dell’Unical. Insieme a militanti e pubblico, gli esperti hanno discusso di come si viva tra sessualità, discriminazioni e analisi del sé. Con i tanti presenti si è approfondito, all’infuori di teorie e astrazioni, come le persone vivano il rapporto col proprio corpo e col sesso, cercando di capire quanto influenti siano le pressioni sociali in ambito sessuale.
Superato l’imbarazzo iniziale, interessanti spunti sono arrivati proprio dal pubblico in sala; qui abbiamo raccolto frammenti delle storie che ci hanno voluto testimoniare.
(Uomo, 21 anni)
“Io vivo con naturalezza la mia omosessualità, anche se ho cominciato ad accettarmi solo verso i 16, quando i miei ex compagni di classe mi prendevano in giro perché, secondo loro, ero troppo femminile. Quando ho scoperto la mia passione per l’arte ho cominciato a vivere meglio con me stesso e oggi posso dire di essere fiero di me. Ho iniziato ad avere le mie prime esperienze sessuali solo lo scorso anno, aspettavo qualcosa di importante e penso che vivere la propria sessualità sia un’arte. Credo che non ci sia nulla di peggio che essere repressi, rappresenta una mancanza e fa soffrire. In questo società superficiale la parola omosessuale è usata ancora come insulto, ti fanno sentire sbagliato e non adatto. Oggi l’omofobia è meno peggio che in passato, ma spesso parte da noi ed in questo modo rafforziamo ancora di più tutti quei pregiudizi stupidi e superare le discriminazioni diventa sempre più difficile”.
(Donna, 38 anni)
“Io mi sento di dire che non ha importanza se io sia eterosessuale o meno. Oggi vivo positivamente il rapporto col mio corpo soprattutto grazie agli studi che ho fatto, grazie ai quali ho superato gli stereotipi sull’eteronormatività e sull’essere binari. Gli stereotipi sono ancora cocenti, ma studiando e leggendo possono essere decostruiti. Per me il sesso è fondamentale, ma lo vivo in modo ludico, almeno per quel che mi riguarda non ha un valore identitario”.
(Uomo, 32 anni)
“Non ho mai pensato troppo spesso al rapporto col mio corpo, anzi non so se io lo conosca bene o meno, col tempo però ne ho meno cura. Ho sempre fatto poco caso all’aspetto e alla corporalità. Il sesso per me è fondamentale, ma spesso viene incastrato in altre dimensioni sociali, oggi non è più un elemento di conoscenza tra un uomo e una donna, ma un modo per non sentirsi soli. Il mio rapporto col sesso però è cambiato quando le mie relazioni sono diventate più sporadiche”.
(Donna, 31 anni)
“Ora vivo abbastanza bene il rapporto col mio corpo, da ragazza insicura ho comunque imparato ad accettare i miei difetti. In ambito sessuale non ho alcun tabù, ho una compagna da sei anni, tra di noi c’è una certa intimità e anzi ora stiamo provando anche a sperimentare cose nuove. La società purtroppo mi ha spesso influenzata negativamente e mi sono spesso scontrata con essa, ma oggi posso dire che sono come sono malgrado la società stessa”.
Insomma, in questi primi eventi ci sembra di aver raccolto elementi che fanno parte di un processo di consapevolezza civile, di emancipazione dalle pressioni sociali che, inutile nasconderlo, per molti in molte realtà provinciali continuano a essere soffocanti. In questa prima fase del Pride di Cosenza quindi tutto sembra andare in direzione contraria al vero oggetto del contendere, alla “spettacolarizzazione delle scelte sessuali”, che probabilmente è riferita alla parata del primo luglio. Ma per meglio capire il perché si sia sentita l’esigenza di proporre questa manifestazione in città e per fare un bilancio delle aspettative che ci sono su di esse, abbiamo incontrato una delle persone coinvolte nell’organizzazione di questo evento.
Si chiama Lavinia Durantini ed è la presidente di Eos Arcigay a Cosenza.
Questo sarà il primo pride della provincia bruzia. È ancora tempo di pride o è un’iniziativa non più in linea con i tempi?
“Il gay pride è nato in seguito ai moti di Stonewall, spinti dalla consapevolezza che si era privati di alcuni diritti per via del proprio orientamento sessuale. A differenza di ciò che si pensa, negli anni il pride ha acquisito un valore sempre maggiore, perché maggiore è diventata la consapevolezza che esiste un problema, che ancora non siamo tutti uguali nei diritti e che ancora non tutti possono essere totalmente liberi”.
Ma davvero il pride ha ancora oggi un valore così importante per la comunità LGBT (QIA)?
“Ancora oggi all’interno della nostra società sussistono delle discriminazioni e c’è una mancanza di diritti che colpisce i membri della comunità. Il pride rappresenta ancora oggi un’occasione per essere se stessi a 360 gradi, è una marcia dei diritti che rivendica l’orgoglio di non nascondersi, di non aver paura di esprimersi liberamente”.
Secondo il suo punto di vista, perché Cosenza è importante per questo pride e perché questo pride è importante per una città come Cosenza?
“Cosenza è importante per questo pride perché l’intera provincia si sta mobilitando per sostenere e supportare questa iniziativa e ogni manifestazione ha bisogno di suscitare l’interesse dell’intera società, altrimenti perde il suo valore reale. Questa marcia è importante per la nostra città perché è il primo pride che si svolgerà a Cosenza e sta tirando fuori un tessuto umano e sociale pronto ad accogliere e a confrontarsi con le diversità, è un’opportunità di apertura tutti”.
Perché avete scelto la forma “P.R.I.D.E.C.S.”, che tipo di evento vuole essere?
“Abbiamo voluto chiamare questo pride utilizzando l’acronimo che richiama Cosenza e non “gay pride” per sottolineare la natura inclusiva di questo evento. Vogliamo che sia un pride libero ed il pride di tutti quelli che vogliono partecipare, non solo un pride di pochi. Vuole essere un pride di tutti, infatti nasce dal basso, dalle proposte e dall’impegno di chi ci ha sostenuti fin dal principio. Vorrei spendere le ultime due parole per spiegare il significato del nostro acronimo, che non solo richiama l’iniziativa in sé e Cosenza, ma che racchiude in estrema sintesi anche il nostro manifesto politico”.
Prego.
“P vuole ricordare la prevenzione, ciò non significa che tutti gli omosessuali siano malati, ma che è giusto avere rapporti sicuri;
R di rivendicazione, il pride è appunto una marcia d’orgoglio per rivendicare i nostri diritti e le nostre libertà;
I come identità, un’identità che va oltre gli stereotipi e le solite contrapposizioni uomo-donna o eterosessuale-omosessuale, l’identità è più complessa di così;
D di difesa dei diritti che siamo riusciti ad ottenere o di diffusione di un nuovo modo di concepire la realtà;
E per ricordare l’importante svolta dall’educazione per combattere le discriminazioni e costruire una società ed un immaginario differente, più inclusivo;
C sta per comunicazione, che deve essere chiara, deve essere una comunicazione di arrivare a tutti per abbattere quei muri che ancora stanno in piedi;
S di servizi, come quelli che chiediamo alla Regione Calabria e agli enti locali, quei servizi indispensabili per chi subisce discriminazioni e violenze e per chi cerca risposte ai propri bisogni.
Questo non sarà il pride di qualcuno, noi vogliamo che questo sia il pride di tutta la città e di tutti quelli che ci stanno aiutando a dar forma a questo evento per noi tanto importante”.