pl@tone d’esecuzione – Sulla messa al bando di alcune #idee
Era tanto tempo che questa rubrichetta moralista, snob e pessimista non tediava i lettori di mmasciata.it. In questo periodo non sono mancate idee abiette da “condannare”, meglio dire criticare, ma l’occasione per tornare a scrivere ce l’ha fornita la città di Reggio Calabria che in questi giorni ha promosso nientepopodimeno che… Un festival delle cover band dello Stretto. Sì, avete ben capito. Ma se siete musicisti o appassionati di musica non scoraggiatevi e continuate a leggere. «Il festival – afferma uno dei promoter – inserito nel calendario delle feste mariane è per gli artisti che ne faranno parte, un’opportunità per elaborare e interpretare le canzoni dei grandi artisti ma soprattutto, consentirà ai vari gruppi di sfruttare al massimo gli arrangiamenti e le rielaborazioni musicali. Domani sera, ogni concorrente offrirà al suo pubblico l’interpretazione di un pezzo o una cover rivisitata dei grandi brani della musica nazionale e internazionale regalando momenti di vera e propria condivisione artistica». Un’opportunità? Possibile. Ma siamo certi di non confondere la «condivisione artistica» con il mero intrattenimento? Andando oltre la certa professionalità e gli anni di studio degli interpreti che si esibiranno all’arena Ciccio Franco e sorvolando il concetto di “arte” che viene qui introdotto, non resta che una domanda: quando questa terra quando premierà qualcosa di originale? Non esiste professionista o rassegna musicale che si possa etichettare secondo canoni artistici con la premessa di suonare o interpretare qualcosa che già altri hanno composto. E stride l’idea di “potersi ritagliare un’opportunità” sulla fortuna di brani che hanno una loro storia (spesso prima discografica che artistica). L’altro spunto di riflessione riguarda quel “principio di località” contenuto nel titolo della manifestazione: quel «dello Stretto» che lascia un po’ basiti. Forse non sono delle vere e proprie cover band dello Stretto, forse si voleva promuovere un festival dello Stretto fatto di cover band. Oppure c’è un gruppo di cover band costituito sottoforma di un qualche collettivo (?) che spontaneamente prende parte all’evento. Pochi ma fondamentali dubbi che hanno il solo intento di invitarvi a partecipare. Assicuriamo al lettore una nostra (forse un po’ perversa) forma di pubblicità all’evento. Non si offendano dunque i promoter, ma l’idea di mettere assieme delle cover band in una rassegna musicale è un fallimento. Neanche un fallimento alla Beckett che invitava tutti noi a fallire meglio per poi fallire ancora, ma sempre meglio della volta precendente. In questo caso, forse, si è fatto molto peggio. Magari senza volerlo.
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Walter
10 anni agoLe denuncia che si fa nell’articolo la trovo condivisibile e giusta: siamo sicuri di non confondere la condivisione artistica con il mero intrattenimento? Rimane sempre sottile il confine tra l’imitatore e l’interprete musicale che anche in questo caso c’è da chiedersi quali siano le vere intenzioni dei promotori del festival. Si può ritenere artista chi si limita a “imitare” mostri sacri della musica o semplicemente cantanti famosi? A volte penso di si, purché questo non blocchi l’artista a ripetere sempre lo stesso numero, ma rappresenti un inizio per “fare qualche serata” e farsi conoscere.