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WINDOWS | Quel canale bolognese che affaccia sulle Paparelle di Cosenza

mariarosaria petrasso
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Novembre11/ 2014

WINDOWS | immaginazione e realtà fuori dagli sche (r) mi

di Mariarosaria Petrasso

La finestrella di via Piella a Bologna
La finestrella di via Piella a Bologna

Erano giovani cinquant’anni fa, quando Franco Costabile raccontava la loro partenza ne Il Canto dei nuovi migranti, una delle poesie più struggenti che siano mai state scritte sull’emigrazione. Da allora quasi nulla è cambiato, di certo quei migranti non sono ancora invecchiati. Basta guardare attraverso la finestrella di Via Piella a Bologna – un angolo di città soprannominato “la piccola Venezia” che si affaccia sul Canale delle Moline, uno dei pochi canali ancora visibili dopo la cementificazione nel corso del Novecento – e chiacchierare con un cosentino emigrato non molti anni fa e mai tornato, mentre l’umidità ci taglia il viso e il freddo condensa le parole in nuvolette di fumo.

Dicembre 2013, lui è Luca Irwin Fragale, laureato in giurisprudenza, non ha ancora raggiunto gli “anta” e ha passato più tempo negli Archivi di Stato di tutta Italia che nelle aule di tribunale. Dopo la laurea in Legge e il diploma di paleografia, oggi è ricercatore e collabora con istituti archivistici oltre ad essere docente di araldica presso gli Archivi di Stato di Bologna e di Mantova. Ha pubblicato diversi articoli di Storia del Diritto e Storia del Meridione, scoprendo anche alcuni componimenti inediti di Bernardino Telesio. Ma a Cosenza sono pochi a saperlo. Ha pubblicato una monografia sulla storia della toponomastica di Cosenza e lavora all’ultimazione di altre monografie di carattere storico, in particolare la trascrizione di un inedito diario di viaggio in Europa, manoscritto nell’Ottocento da un nobile calabrese. È l’ideatore del blog alba fragalia araba: erudizioni & paradossi.

Nonostante in questi anni abbia continuato a guardare alla storia cosentina con una certa attenzione, nelle sue parole traspare solo una strana nostalgia e rimpianti impossibili:

“Mi spiace, forse sono troppo razionalista e troppo poco sentimentalista per essere nostalgico. La nostalgia per le cose vissute non m’interessa: ho vissuto discretamente nella media e sono contento così. Che senso ha continuare a pensarci? Certo, se mi chiedi: ‘Ora, col senno di poi, avresti preferito crescere giù o su?’, beh, a Cosenza c’era davvero poco da fare, vent’anni o trent’anni fa, una morte civile (ora non me ne occupo nemmeno) ma forse crescere in quel contesto di asfalto e marciapiedi è una palestra utile a qualcosa, ma non a tutto. Al limite, ho dei rimpianti impossibili, per cose che non ho potuto fare per ovvie ragioni cronologiche: una passeggiata a Corso Mazzini una domenica mattina di giugno del ’62; oppure una fumata di pipa, un pomeriggio di ottobre del ’38, col mio bisnonno paterno, sul balcone del suo palazzo alle Paparelle, che non c’è più. Provo a pensarci di nuovo: no, le pochissime nostalgie che potrei provare si riferiscono a sensazioni ed esperienze che avrei potuto vivere in qualunque posto al mondo (forse pure meglio): nessun merito, quindi, al luogo particolare.”

Partito alla “ricerca di ossigeno” e per studiare discipline che all’epoca non erano contemplate all’Università della Calabria, quando gli chiedo perché non è ritornato mi sorride sornione: “Occorrono motivi per tornare, non per restare dove si sta.”

La finestra di Via Piella – mentre si accendono le luci delle case che si affacciano sul canale e l’acqua diventa un fiume dorato – si trasforma in un immaginario telescopio su Cosenza e la curiosità di sapere che cosa vede Luca da quella fantastica lente è troppo forte:

“Premessa: non vorrei che la risposta venisse presa come un confronto tra Cosenza e Bologna, o tra Cosenza e il Nord, anche perché se ci sentisse un milanese, avrebbe giustamente da ridire sul fatto di annoverare Bologna tra le città del Nord. La percezione che ho oggi di Cosenza è peggiore di quella che avevo quando sono andato via. Mi sembrava una città almeno familiare, la ritrovo litigiosa, supponente all’inverosimile, tendenzialmente incapace, con una cultura media di livello raccapricciante. Non dico che sia l’unica in questa condizione, ma ciò non giustifica lo stato in cui si trova. Una città piena soprattutto di gente che non svolge i compiti per cui è pagata; di disoccupati la cui voce non importa a nessuno; di finti intellettuali (che spesso gestiscono male tanti soldi veri) che – sempre – non conoscono affatto gli argomenti di cui parlano; di istituzioni assolutamente sorde e autocelebrative (e mi raccomando, per contattare i referenti bisogna scrivere su Facebook, mica sulla PEC istituzionale); di approssimazione, maleducazione… devo continuare?”

No, direi che può bastare. Una pagella severa su una città che forse per troppo tempo si è cullata sugli allori che la volevano Atene calabrese, e non ha visto il suo sempre più inevitabile declino. Chi è andato via e non è mai tornato evidentemente non si è lasciato ingannare. “Mi spiace, Cose’, ma non m’hai mai incantato” chiosa ironicamente Luca, mentre la finestra di Via Piella torna a incorniciare il canale bolognese e Cosenza non è mai stata così lontana.

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mariarosaria petrasso
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Scrivana giramondo per passione, amo raccontare di luoghi e umanità. Credo che il miglior passo sia quello a sei zampe e infatti la mia compagna di avventure è una lupa di nome Nives. Con il giornalismo non ho mai guadagnato un granché, ma questa non è una buona ragione per smettere.

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