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LA LETTERA | Perché la buona notizia non fa notizia?

alfredo sprovieri
alfredo sprovieri
Giugno23/ 2015

GoodNews

Gentile redazione,

per una piccola vicenda personale una settimana fa ho potuto constatare la serietà e la professionalità delle persone che lavorano in un ospedale calabrese e allo stesso tempo ho goduto la meraviglia di un mare che non conoscevo e che mi ha lasciato a bocca aperta. Rispetto alla Calabria ho sempre letto di malasanità e di mare sporco in questo periodo dell’anno, e vedo che la cosa continua. Perché farsi tanto male? Siamo troppo abituati a guardare solo gli aspetti negativi che poco valorizziamo quelli positivi.

Lettera firmata

 

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Affezionato lettore,

mi permetta innanzitutto di felicitarmi per la positiva conclusione della sua disavventura e consenta di unirmi alla sua considerazione per le tantissime persone che operano in maniera eccellente in condizioni difficili, non solo nella sanità. Meritano più attenzione, questo è indubbio. Il tema che resta sul fondo però rimane complesso, almeno quanto antico: la buona notizia è davvero una notizia?

Di recente hanno provato a rispondere alla domanda eccellenti studiosi, dimostrando quanto è viva la sete di un’informazione più positiva, meno allarmistica. Charlie Beckett, già editor della Bbc e ora docente presso la London School of Economics, si è detto convinto che “quando le persone vengono nutrite secondo una dieta mediatica fatta di violenza e crimine smettono anche di prestare attenzione, diventano impassibili e si sentono travolte dal senso deprimente di non poter cambiare alcunché dello status quo”. Come dargli torto; non c’è dubbio che la piega esasperatamente allarmistica (o vittimistica) presa in questi anni dal giornalismo dev’essere corretta e in questo senso guardiamo con speranza al successo editoriale di tentativi come HuffPost Good News, The Good News NetworkPositive News. Tornando alle nostre latitudini però, è importante anche notare che la buona notizia diventa spesso notizia perché fa eccezione, ribaltando il senso delle cose. Viene in mente ad esempio quella famosa immagine di una cassetta delle poste con il cartello “FUNZIONA”, messo lì da qualche solerte impiegato per risparmiare sui cartelli “NON FUNZIONA” che avrebbe dovuto apporre sulle numerose restanti cassette. Se un’eccezionale giornata di neve merita un titolo di giornale insomma, non è detto che anche una giornata di sole lo meriti. Il giornalismo in fondo è bene che mantenga la tensione di non raccontare tutto ciò che è ma di essere concentrato su tutto ciò che dovrebbe essere. Certo, è importante tener conto di ciò che vuole leggere il lettore e difatti anche noi, nel nostro piccolo, pensiamo sempre a uno spazio per l’innovazione e le storie positive, ma giornalismo è offrire non ciò che vogliamo sapere ma ciò che dobbiamo sapere. In Calabria (ricordiamocelo insieme, l’etimologia lo suggerisce fin dalla notte dei tempi) le cose positive abbondano e così è normale che sia. Che il mare sia meraviglioso o che la sanità funzioni dev’essere la norma pretesa, e quando la norma fa notizia c’è da preoccuparsi per lo stato delle cose.

Il giornalista ha un mestiere diverso dal tour operator, ma bisogna ammettere che chi pensa che questo lavoro abbia a che fare con la verità mente, principalmente a se stesso. Siamo di fronte ogni giorno a bugie e generalizzazioni sempre più virali (per esempio, il mare calabrese non esiste, se il mare è sporco nel posto x non significa che lo sia in quello y) e il nostro compito è decidere se aiutare a diffonderle o tentare di smontarle. Non si può e non si deve lasciare solo chi luglio e agosto fa il bagno nella melma di depuratori che non funzionano, ma serve l’onestà di ammettere che le campagne mediatiche sullo stato del mare in Calabria, soprattutto in tempi di folle rincorsa al link, ogni anno presentano delle tempistiche quantomeno autolesioniste. Il tutto, a mio modesto avviso, è nel riportare le cose alla normalità: un’inchiesta sugli scandali della depurazione in Calabria (non solo dal giornalismo) va fatta in modo professionale, circostanziato e quando è in tempo utile per un intervento, anche se rischia di cadere nel vuoto. Se il mare è sporco in un posto è colpa anche della pubblica opinione che non ha vigilato o inciso nel modo giusto.

Infine mi faccia restituire una testimonianza. Di fronte a un’edicola del Nord una signora riconobbe un importante e ormai anziano giornalista della tv impegnato a comprare una decina di giornali. “Non è stanco alla sua età di avere a che fare ancora con tutte queste brutte notizie?”- gli disse. La risposta fu cortese e fulminante. “Cara signora, io vengo da tempi più difficili di questi, in cui dovevamo dire che tutto andava bene; la prego di capire che trovare ogni mattina in edicola un giornale pieno di cattive notizie è la vera buona notizia”.

Cordialità

sas

alfredo sprovieri
alfredo sprovieri

Nel 2002 ha fondato "Mmasciata". Poi un po' di tv e molta carta stampata. Più montano che mondano, per Mimesis edizioni ha scritto il libro inchiesta: "Joca, il Che dimenticato".

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