di Andrea Bevacqua
“Camminando si apre il cammino” è una frase ricorrente nel cammino raccontato sui social in questi giorni da don Tommaso Scicchitano. La frase non è sua intendiamoci, è di Arturo Paoli, sacerdote, partigiano, missionario, attivista toscano poi adottato dalle comunità brasiliane, un uomo a cui don Tommaso ha sempre guardato con molta attenzione fin dai primi anni della sua azione pastorale sacerdotale.
Per chi frequenta i social, soprattuto Facebook e Twitter, don Tommaso è un volto noto tanto da essere ribattezzato “don Twitter” dalle testate giornalistiche che si sono interessate alla sua passione per i mezzi comunicativi multimediali. Don Tommaso in questo momento si trova lungo il Cammino di Santiago de Compostela, nel nord della Spagna, a circa 400 km dalla meta, metro più metro meno, in pratica a metà del percorso francese iniziato dai Pirenei a fine luglio. Un viaggio che il sacerdote, anch’egli partigiano dei nostri tempi, ha annunciato e sta condividendo proprio nel “regno maledetto” di Mark Elliot Zuckerberg.
Facile quindi incrociarlo in queste giornate calde d’agosto mentre ci racconta con il vento che lentamente sta iniziando ad arrivare dall’Atlantico e il fiatone le difficoltà del percorso oppure leggere i suoi appunti quotidiani sul blog creato apposta per l’occasione (www.lungoilsentiero.it), uno spazio davvero fondamentale per andare oltre il click, “il mi piace facile” o la twittata di 160 caratteri a cui siamo stati condannati dai due colossi della comunicazione social. Don Tommaso da buon comunicatore sa che un’esperienza del genere ha necessità di essere raccontata; in fondo, il Cammino lui lo sta vivendo, come ci racconta nelle poche battute che siamo riusciti a rubargli tra un passo e un altro, per se stesso e per gli altri anche se saggiamente questi passaggi hanno tempi e momenti differenti. La sua comunicazione narrativa e più corposa si svolge alla fine del percorso giornaliero, quindi intorno alle prime ore del pomeriggio e nel momento di relax della sera. Si potrebbe affermare, azzardando, che il momento social di fine giornata voglia somigliare ad una riunione con i ragazzi all’interno di una saletta parrocchiale o ad una funzione religiosa in chiesa o, come piace fare a don Tommaso, il confronto davanti ad una pizza o una birra oppure addirittura ad una riunione di attivisti locali. Il suo profilo e il suo blog diventano così la Parrocchia virtuale a cui il don ci ha abituati da anni.
Il Cammino di don Tommaso prosegue con un’instancabile voglia di conoscere l’altro e il paesaggio che si ha di fronte. Le necessità di uno diventano quelle dell’altro, piccoli gruppi si formano per qualche giorno, empatie si realizzano per qualche ora o per qualche giorno ma ma si dissolvono in poco tempo proprio come succede nella vita di tutti i giorni. Infatti, se da una parte è vero che il Cammino rappresenta una interruzione della realtà dall’altra questi è anche metafora della nostra esistenza, un rappresentazione in piccolo di ciò che avviene nelle nostre giornate chiuse tra i palazzoni delle nostre grigie città oppure intrappolate tra lo scorrere delle nostre dita sullo schermo dello smartphone. Durante il Cammino tutto si ridimensiona come dice don Tommaso, i problemi lasciati nella propria vita quotidiana assumono un peso diverso, si dà più valore ai rapporti umani, al creato, all’ambiente. Don Tommaso è laconico: “In questo momento tutto è ridimensionato, figuriamoci la cronaca della cittadina.”
E per dirlo lui, da sempre impegnato nella difesa dell’ambiente e del paesaggio del piccolo borgo in cui è parroco da dieci anni, davvero dobbiamo immaginare che il Cammino rapisca e capovolga ogni punto di riferimento, ogni coordinata dell’esistenza di un pellegrino. Però nella risposta successiva, don Tommaso ci tranquillizza tutti dicendo che durante il Cammino si ha modo di pensare, pregare, riflettere, capire e lo sguardo è teso anche a ciò che succederà dopo, agli impegni pastorali e sociali futuri, ai bisogni della nostra terra. Potremmo definirlo un Cammina(t)tore dove la doppia t non è un errore ma un neologismo usato da chi vuole ripensare il ruolo del camminatore: non più un semplice esecutore di passi ma un individuo che vive il proprio cammino quotidiano consapevole che ogni sua azione riveste un ruolo importante e attivo nella società. E questo cammino pensante don Tommaso lo sta compiendo con tanti intorno che non hanno fede, che non credono in Dio o sono di altra religione, con tanti che provengono da altre culture. Questa cosa non spaventa anzi “le motivazioni che spingono a fare questo percorso sono le più disparate. Ed è bellissimo sapere che siamo tutti accumunati dal Cammino“. Una diversità che non ha mai spaventato don Tommaso anzi lo ha sempre guidato nel suo percorso di vita e nella sua pastorale. Nelle lotte per la difesa del territorio di Donnici, località sede della sua parrocchia, lo abbiamo visto fianco a fianco con credenti e non credenti e questa sua affermazione finale, questo essere accomunati dal Cammino ci riporta al senso del suo impegno sociale: ricercare insieme a tutte e tutti il bene comune. Un messaggio importante in questo periodo di disorientamento in cui il diverso è visto come una minaccia e non come una risorsa. La paura che riversiamo verso i migranti, la chiusura dell’Europa nei confronti di chi bussa alle nostre porte e poi questo scontro religioso e culturale in atto che rischia di ingigantirsi hanno bisogno di essere contrastati proprio con la cultura dell’accoglienza e con l’idea che vivere con chi è diverso, con chi ha un’altra fede religiosa, con chi non ha nessuna appartenenza religiosa, con chi arriva da molto lontano è una ricchezza e una grande opportunità del nostro tempo.
Il nostro breve confronto si conclude con una rassicurazione per tutti coloro che leggeranno questo articolo: “Sto facendo i conti quotidiani con mille difficoltà diverse e spero di portare a casa lo spirito con cui le affronto.”
Buon cammino, don!