• martedì 15 Ottobre 2024

IL TACCUINO | Tranquilli, Brunori è ancora Dariù

mmasciata
mmasciata
Marzo30/ 2017

di Alessandro Senato

Do un colpo di tosse, la gola graffia, riesco a malapena a parlare. Mi inserisco un millimetro alla volta nel flusso di gente che esce. “Chi bravu stu guagliune” commenta la signora sulla sessantina con la permanente rivolgendosi alla sua amica con una pettinatura ancora più vistosa. “Passami il mantello nero, il vestito da torero, oggi salvo il mondo intero, con un pugno di poesie” canta un coretto improvvisato di tre ragazze che più in là avanza un passo alla volta ondeggiando le teste sulla metrica della canzone.

Questo slideshow richiede JavaScript.

Questa volta le generazioni si sono mischiate e hanno applaudito insieme, ci sono tutti dai nonni ai nipoti, non è più adolescente il suo pubblico, come ammetteva anche lui ai tempi del mitico Vol.1. Nella penombra, dal mio sedile vedevo professionisti in abiti da gran serata che si abbandonavano a balli a braccia alzate cantando insieme al vicino di posto. Come Amelie mi giravo a guardare gli altri spettatori durante le canzoni e tutti – alcuni più compìti altri più plateali – muovevano le labbra insieme a quelle di Dario Brunori. Luci, scenografia e sonorità hanno assunto l’autorevolezza dei grandi concerti, ma Dario è rimasto il giocherellone di sempre. Fa ridere di gusto tutte le generazioni con un umorismo genuino e imbastisce un duetto tenero e divertente con il nipote di tre anni in grembiule e chitarrina il cui carisma sul palco promette un futuro da esaltatore di folle.

Coinvolge nel concerto gli altri artisti della sua città come la splendida voce di Aldo D’Orrico (in arte “Al The Coordinator”) che apre e i fiati dei Takabum che accompagnano in qualche pezzo, mentre gli altri musicisti applaudono fra il pubblico. Dopo le canzoni del nuovo album “A casa tutto bene” la Sas per voce del suo amministratore delegato introduce i pezzi degli album precedenti a modo suo: “…sì, vabbè tanto lo sappiamo che i pezzi vecchi erano meglio”. Parte “Come stai” e poi una splendida versione pianoforte e voce di quella che è “Piccolo grande amore” per Baglioni o “Vita spericolata” per Vasco Rossi: le note malinconiche di “Guardia 82” danzano sulle teste di chi è seduto in platea insieme al coro unisono di tutto il teatro, rendendo quel momento perfetto.

All’uscita la gente si saluta e si abbraccia in un clima di famiglia. Famiglia, è proprio la parola che descrive meglio l’atmosfera che la tappa cosentina del tour nazionale della band cosentina ha creato ieri sera. Mio fratello Dario ha cantato le sue canzoni, ha fatto le sue battute e ha dialogato con il pubblico in dialetto abbattendo quella barriera di divinità fra il cantante e il pubblico che si sente in altri concerti. Con Mammarella sas in platea, il nipote sul palco e gli amici di una vita ad applaudirlo non era difficile sentirsi a casa, ma la popolarità troppo spesso ha effetti alienanti sulle persone che ne sono colpite. Invece Dario è ancora Dariù e abbraccia la sua città come faceva prima di comparire da dietro le quinte tecnologiche degli studi Rai annunciato da un presentatore. La sua città ricambia. E’ stato per me come dovrebbe essere un concerto, dove si canta fino a graffiarsi la gola, si ride ad alta voce e dove si sente che quella persona sul palco ti è vicina perché canta quello che tu vorresti dire, perché cresce insieme a te e perché mette in rima le tue inquietudini e le tue gioie con le tue stesse parole. Le sue “stupide canzoni” mi piacciono perché riescono in tutto questo rumore, in tutto questo dolore, a ricordarmi chi sono.

mmasciata
mmasciata

Il collettivo Mmasciata è un movimento di cultura giovanile nato nel 2002 in #Calabria. Si occupa di mediattivismo: LA NOSTRA VITA E' LA NOTIZIA PIU' IMPORTANTE.

Your email address will not be published. Required fields are marked *

You may use these HTML tags and attributes: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>