di Nello Rossi
Lei lo chiama con voce suadente carica di sottintesi, lui le risponde che arriva subito, cacciandosi in bocca una pillola azzurra. Per l’eccitazione sbaglia mira, la pillola imbocca la finestra, rimbalza sul tetto, s’infila in una gronda e finisce nel bocchettone del serbatoio di una vettura, che a vista d’occhio si espande, lasciando a bocca aperta il suo proprietario, fino a diventare un nuovo modello più sportivo, più aggressivo. Una pubblicità abbastanza volgare, che sviluppa chimicamente il vecchio tema, sfruttato ampiamente nelle immagini, del binomio donne e motori.
Da quando il brevetto della pillola azzurra è scaduto, e fare l’amore non a pagamento costa meno, il consumo di sildenafil, così si chiama, molto meno poeticamente, il principio attivo del generico del Viagra, è aumentato di circa un quarto. Mediamente, scegliendo fra i concorrenti del vecchio Viagra, si risparmiano trenta euro per l’acquisto di una confezione da quattro paradisi. Chi, per ragioni di piacere e di studio, frequenta i siti fertili, sa che da anni, anche senza la ricetta del medico, è possibile acquistare on line il Viagra o il concorrente Cialis: una strada senz’altro preferita a quella di confessare al medico curante l’antipatica “malattia”, che ha senza dubbio facilitato la diffusione di questo “farmaco”, come il trovarlo insieme ai rasoi e alle pastiglie di menta e liquirizia, alle casse dei supermercati, quella del preservativo.
Ma il consumo di sildenafil è anche l’implicita ammissione che le immagini hanno perso una battaglia, perché il desiderio che sanno suscitare, e soprattutto quelle fotografiche, non sempre riesce a far dimenticare spietate leggi dell’idraulica, come non sempre una buona fotografia di un piatto cucinato riesce a mettere appetito. Entrambi gli integratori “fertili”, quello visivo come quello chimico, non interessano l’altra metà del cielo. Ando Gilardi, il mio amico iconologo che di immagini si intendeva parecchio, era sicuro di sapere perché. Io, per non perdere le poche lettrici che si ostinano a leggere le mie riflessioni sulle immagini che saranno forse anche «innocenti» ma di sicuro sono “sporche”, mi guardo bene dallo scrivere quella sua sgradita riflessione. Preferisco condividere la “preghiera” di un laico ubriacone, uno splendido commento alle immagini della «Venere stanca» che raccolgo da anni, e cui anche Eugène Atget, fra una via e una piazza deserta fotografate nelle albe di Parigi, aveva “sacrificato” una lastra. Anzi, due: o perlomeno tante sono, per quanto ne so, quelle superstiti.
Quando Dio creò l’ amore non ci ha aiutato molto
quando Dio creò i cani non ha aiutato molto i cani
quando Dio creò le piante fu una cosa nella norma
quando Dio creò l’odio ci ha dato una normale cosa utile
quando Dio creò Me creò Me
quando Dio creò la scimmia stava dormendo
quando creò la giraffa era ubriaco
quando creò i narcotici era su di giri
e quando creò il suicidio era a terra
Quando creò te distesa a letto
sapeva cosa stava facendo
era ubriaco e su di giri
e creò le montagne e il mare e il fuoco
allo stesso tempo
Ha fatto qualche errore
ma quando creò te distesa a letto
fece tutto il Suo Sacro Universo
(Charles Bukowski)