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FUTBOL | Dioniso dribbla Apollo, viaggio agli albori del calcio meticcio

mmasciata
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Marzo05/ 2015

di Fabrizio Di Buono

La storia d’Eusebio è pretesto di racconto per una storia che riguarda molti altri calciatori neri che, dalla seconda metà degli anni ’50, si trasferirono dalle colonie dell’Impero portoghese in Portogallo. La storia della Perla Nera come spunto narrativo per un colonialismo particolare, che ricerca una perfetta scusa per rimodellarsi e darsi un qualcosa di esotico, un divenire lusotropicale. Il calcio meticcio come scontro e incontro tra due divinità, tra un centro e una periferia che si insinua nella metropoli e ne diviene monumento, senza avere a che fare con cose politiche, ma solo per essere calciatore, come disse lo stesso giocatore del Benfica.

Eusebio
LA PERLA NERA Eusébio da Silva Ferreira (Lourenço Marques, 25 gennaio 1942 – Lisbona, 5 gennaio 2014)

DUE DIVINITA’ IN CAMPO COLONIALE Quando il calcio si diffonde nei territori lusofoni, dal Brasile, in primis, alle colonie africane, è un calcio di soli bianchi, di colonizzatori, un modo di affermare la superiorità razziale, quindi un gioco che rappresenta la divisione della società per gradazione dei colori della pelle. Ma come neri, meticci, creoli, iniziano ad avvicinarsi al mondo del calcio, è il principio di un altro scontro, tra due idee, due filosofie, tra due divinità. Sotto i cumuli di talco che accompagnavano i calciatori brasiliani meticci tra le file del bianco Fluminense, inizia una sfida tra fantasia e disciplina, Dioniso contro Apollo, il calcio irrazionale contro il calcio della tattica fredda e distaccata. Il calcio che arrivò in Brasile era quello degli inglesi, dei bianchi; simile quello che penetra nelle colonie africane, un calcio formale, contenuto, razionale, freddo e lucido, dai lineamenti apollinei. Giocato dai neri e dai mulatti, dagli indigeni non assimilati, il calcio diventa altra cosa, passionale, fantasioso, imprevedibile, un calcio dionisiaco. Ad esempio, come ci ricorda Bruno Barba nel suo L’antropologo nel pallone, una “disinvolta tesi” che arriva da Brasile sostiene che il dribbling sia stato inventato dai giocatori di colore per proteggersi dai bianchi, un modo per evitare il contatto con i “ricchi” razzisti. Dioniso, così, errante e vagabondo, senza luogo e legge, improvvisa la giocata e insinua il disordine in un calcio costruito secondo regole e schemi differenti. Si afferma la diversità. Il contatto con la palla, libero, porta il calcio alla sua creolizzazione. Tuttavia i portoghesi consideravano gli indigeni privi di cultura sportiva e le loro attività atletiche solo di utilità naturale, per poi considerare le loro configurazioni anatomiche come anormali. È dire, un grado di razzismo bisogna pur sempre conservarlo, in un senso come in un altro.

UNA PRASSI LUSOTROPICALE Ma Dioniso deve essere responsabilizzato, nella sua selvaggia indisciplina, e il calcio sembra essere un buon sistema di controllo e di educazione coloniale. Si strutturano nelle colonie le ligas calcistiche, una per bianchi e una per neri (poi accorpate: la liga delle squadre con calciatori neri partiva dalla terceira divisão), i clubs si formano come satelliti delle società calcistiche della metropoli e Dioniso inizia a dribblare Apollo. Semplificando la storia, diverse squadre portoghesi iniziano a guardare ai probabili talenti d’oltreoceano da assimilare: giocare come Dioniso va bene, ma si deve essere formalmente come Apollo. Il calcio diventa un mezzo per entrare nella società coloniale degli assimilados: permette di andare a scuola, uno status sociale più abbiente e forse, se si è bravi, di finire a giocare per qualche squadra nel campionato portoghese. Mentre nelle colonie si inizia a fare l’abitudine a questi neri che giocano al gioco dei  bianchi, in Portogallo la società è divisa per gerarchie razziali, oltre che per classi. Il regime fascista di Salazar difficilmente accetta il mescolarsi con i colonizzati.

Eusebio la spunta su Giovanni Trapattoni nella Finale di Coppa Milan - Benfica
Eusebio la spunta su Giovanni Trapattoni nella Finale di Coppa dei Campioni fra Milan e Benfica a Wembley

Ma qualcosa è cambiato dopo la seconda guerra mondiale, in cui le paroline magiche sono decolonizzazione e autodeterminazione. Non proprio simpatico al regime di Salazar prima della guerra, Gilberto Freyre elaborò la teoria del lusotropicalismo per invertire il paradigma vigente nei primi anni del novecento, in Brasile, del branqueamento (imbiancamento), facendo emergere il sostrato che tutti ignoravano, ossia il nero e il meticcio. Il meticcio è di conseguenza un’ulteriore forma di mescolanza che migliora le relazioni di una società, dimostra come il colonizzatore portoghese abbia saputo mescolarsi con le popolazioni indigene.

DAI TROPICI ALL’EUROPA Con questa nuova faccia politica internazionale, anche il calcio portoghese diventa lusotropicale, ossia meticcio, unisce Dioniso e Apollo nella stessa squadra, negli stessi schemi con interpretazioni differenti. Lo scalmanato Dioniso non offre più uno scontro con il razionale Apollo. E il simbolo più alto di questa politica, involontariamente, diventa prima la liga portuguesa e in seguito la nazionale di calcio lusitana. Mozambico e Angola offrono talenti su cui è opportuno investire, i calciatori africani fanno comunità in Portogallo, viaggiano per incontrarsi, i portoghesi bianchi applaudono coloro che un minuto prima era disprezzato e considerato inferiore. Dioniso diventa più di un applauso, sarà idolatrato. Il Benfica viene condotto dal mozambicano più famoso, da Eusébio da Silva Ferreira, capace di far tifare Portogallo al Frelimo (Fronte di Liberazione del Mozambico) durante la guerriglia per l’indipendenza. Coppa campioni, pallone d’oro, Eusebio è un idolo di folle che odiavano i neri. E non è solo, è in buona compagnia. Infatti in nazionale sarà accompagnato nel mondiale del 1966 da altri Dioniso d’oltremare: Hilàrio, Vicente, Màrio Coluna. A dirigerli, uno che di apollineo aveva ben poco, il ct Glòria, un brasiliano. Da squadra materasso il Portogallo diventa una delle più temute e tra le favorite di quel mondiale: terzo posto, battuti di misura, in semifinale, da coloro che saranno i campioni del mondo: gli inglesi.

REINCARNAZIONI Le reincarnazioni di Dioniso diffondono un cambiamento che non può relegarsi al solo mondo calcistico, ormai i neri non passano più inosservati nei bassifondi delle gerarchie della società. Salazar legittimò con quella vittoria un sistema coloniale in cui vedeva solo sfruttamento dei territori e non il rispetto verso le popolazioni autoctone e la volontà di mescolarsi con loro. Il lusotropicalismo fu uno sporco gioco dal nome esotico e leggero, che nascondeva le atrocità di un cruento e lungo conflitto. Il calcio, invece, la vittoria di Dioniso su Apollo, in cui, per un momento, un godimento collettivo veniva provato da soldati sperduti “in culo al mondo” (direbbe Lobo Antunes) e guerriglieri dei vari fronti di liberazione nazionale. Chi tifava anche per i neri ed era bianco e chi tifava anche per i neri nonostante giocassero con i bianchi.

 

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in copertina: Un murale del famoso artista Sergio Odeith dedicato ad Eusebio, a Damaia, in Portogallo

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Il collettivo Mmasciata è un movimento di cultura giovanile nato nel 2002 in #Calabria. Si occupa di mediattivismo: LA NOSTRA VITA E' LA NOTIZIA PIU' IMPORTANTE.

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