di Antonella Garofalo
In alcuni paesi arabi quando un uomo uccide una donna non si parla di omicidio. Si parla di delitto d’onore. Come a dire che quella punizione la vittima se l’è meritata, che il carnefice non è un assassino ma l’eroe che ha salvato il buon nome della famiglia.
La lei che non c’è più non sarà ricordata con affetto. Non ci saranno fiori, né lacrime e né parole per ricordarla: lei rimarrà sempre e comunque la svergognata, colei che ha peccato e che non meritava il perdono.
Andavo ancora al liceo quando, leggendo un libro, ho iniziato a capire quanto atroce fosse la vita delle donne in alcuni paesi. In copertina un volto mascherato e due occhi verdi e malinconici: si chiamava “Bruciata viva”, e il sottotitolo recitava “Vittima della legge degli uomini”. Non ci fu bisogno di sfogliarlo, di leggerne la trama: mi aveva incuriosita, quindi lo acquistai. Fu così che scoprii che Suad – così si firma l’autrice, protagonista delle vicende narrate – era nata in Cisgiordania e che un bel giorno, mentre faceva il bucato, suo cognato le aveva gettato addosso del liquido infiammabile e le aveva dato fuoco. Aveva diciassette anni e portava in grembo un bambino seppur non fosse sposata. Quindi, la sua famiglia pensò che la peccatrice non avesse più diritto di vivere. Eppure Suad riuscì miracolosamente a salvarsi e a ricominciare una nuova vita in Europa, lontano da quei luoghi in cui la donna è tutto fuorché un essere umano.
Piansi quando finii di leggere il libro.
Avevo i brividi, avevo paura. Poi, egoista, mi consolai pensando che atrocità del genere non appartenessero al mio Paese, alla mia Italia. Che un mare e una cultura moderna e più evoluta mi separavano dalla Cisgiordania. Che era tutto così lontano da me che non c’era ragione di pensare che una simile filosofia di vita potesse contaminare anche il resto del mondo.
Mi sbagliavo.
Sabato scorso tutte le mie certezze sono di colpo svanite. Le distanze si sono annullate. Ho ripensato a Suad, a quello che le è successo. E ho pensato a Fabiana, a quello che le è stato fatto. In Italia se uccidi una sedicenne sei un assassino, un boia, non un eroe. Si chiama omicidio e non delitto d’onore. Basta, è solo questo a differenziare le nostre culture. Per il resto ho capito che dovranno passare ancora anni luce prima che gli uomini, tutti gli uomini, imparino veramente a rispettare le donne. A farsene una ragione se sono belle, se vengono ammirate, se amano indossare le gonne e i tacchi alti, se vogliono lavorare e se cercano di costruirsi una carriera. E che nessuna di loro meriterebbe di essere torturata e uccisa, perché non esiste peccato tale da meritare una punizione tanto atroce e ingiusta.
Vale per Suad, e vale anche per Fabiana.
Le voci sul perché il suo “fidanzatino” – usiamo pure uno pseudonimo – l’abbia accoltellata per poi bruciarla viva si sprecano: qualcuno dice che lei volesse lasciarlo, qualcun altro scrive che lui si sia arrabbiato perché lei non voleva fare l’amore. E lui questo non poteva sopportarlo. Non avrebbe mai potuto vivere con la consapevolezza, evidentemente, che quella bellissima ragazza dagli occhi scuri lo stesse allontanando, lo stesse rifiutando. Non è forse delitto d’onore – il suo, quello di Davide – anche questo?
Questo ho capito sabato. Che le bestie non sono solo al di là del mare, che non è vero che posso e devo stare tranquilla. Così come non è vero che queste cose accadono solo a migliaia di chilometri da casa mia. Succedono anche dietro l’angolo. Soprattutto dietro l’angolo, ultimamente. Quindi, mia cara Suad, qualora “Bruciata viva” dovesse andare in ristampa, sarebbe forse il caso di rivedere quello che c’è scritto sul retro della copertina del tuo meraviglioso libro: è vero che nascere donna è una maledizione, sì, ma non solo “nel tuo paese”, bensì in tutto il mondo, ormai…
PER APPROFONDIRE, COSA PREVEDE LA CONVENZIONE DI ISTANBUL: (QUI)