di Matteo Dalena
Lo abbiamo conosciuto tutti come “Giorgio Kurdo”, il senzatetto quarantenne moldavo trovato cadavere alcuni giorni fa. Il suo corpo era in avanzato stato di decomposizione nella baracca-tugurio di viale Magna Grecia, degradato rifugio di invisibili. Spirato all’incirca due settimane addietro, inizialmente alcune “anomalie” all’altezza della nuca e della carotide avevano indotto il pm Maria Francesca Cerchiara a disporne l’autopsia. Dubbi poi fugati dall’esito degli esami sul corpo, secondo i quali l’uomo sarebbe morto per cause naturali, probabilmente a seguito di un malore. La posizione del corpo al momento del ritrovamento, collocato quasi sotto alla scrivania al centro dell’umida stanza, indurrebbe a pensare ad un malore a seguito del quale potrebbe aver perso conoscenza, battendo violentemente il capo.
Dell’assenza di questi “assenti” dalla vita e dalla società non ci si accorge in fretta. Non si approfondisce nemmeno la vera essenza di un nome, troppo “italiano” per corrispondere al vero. Giorgio Kurdo noi l’abbiamo incontrato. O meglio, ci siamo imbattuti in questo spilungone di nome Gheorghe, allistato tra gli assistiti del “Paradiso dei poveri” di Padre Fedele Bisceglia, sotto la voce “Crudu”. Gheorghe Crudu era un marginale, alle spalle piccoli guai di giudiziaria e la piaga dell’alcol, falsa consolazione per una vita di stenti che ti scalda il cuore mentre lo uccide. In una fredda mattina dello scorso inverno siamo stati suoi ospiti, in quel luogo che soleva chiamare “casa”: una baracca nauseabonda, ormai nelle fauci della vegetazione e quindi invisibile dallo stradone di via Magna Grecia a Cosenza.
In quel tugurio siamo entrati in punta di piedi con Giovanni Valentino, fido collaboratore di Padre Fedele Bisceglia; Crude accettò di buon grado un tozzo di pane e la promessa di un più dignitoso pranzo nel pomeriggio. Si era appena svegliato nell’acre odore prodotto da uno spino acceso, lasciato a farsi il funerale in un barattolo di vetro, posacenere improvvisato in mezzo ad una piccola teoria di miseri oggetti ricchi di polvere e disaffezione. Giornali e bottiglie semivuote a popolare le giornate di un dormiente della società, che qualche spicciolo riusciva
a farlo solo facendo lavoretti saltuari per il frate.
Il suo rifuggire foto e luci, nel buio di una vita perduta nell’umidità del degrado, oggi non ci consente di consegnare alla memoria collettiva il bel volto di una brutta morte, ma è importante scriverne forte il nome, perché ci si ricordi di un dimenticato: Gheorghe Crudu.