di Matteo Dalena
Non fate andare in rovina questo piccolo bene culturale. Se è un bene privato non renderti responsabile della sua rovina. Un emblematico avviso, lasciato da un accorto avventore sulla soglia d’ingresso della suggestiva cappella del Rosario di via Gaeta, quasi celata dall’intreccio delle viuzze nella parte bassa del centro storico di Cosenza, a pochi metri da Corso Telesio. Un piccolo ma prezioso assaggio d’arte sacra deturpato dall’incuria e dal disinteresse, un pezzo di storia della città ingloriosamente adibito a immondezzaio, accessibile a chiunque.
Nella cappella si entra comodamente: la grata che sbarrava l’ingresso è stata accantonata da tempo e la spazzatura, di vario genere, accumulatasi nel tempo è ormai un tutt’uno con il pavimento. Evidenti segni di passati bivacchi portano ad annoverare questo posto tra i rifugi dei tanti senzatetto della città. Un televisore distrutto e dei barattoli contenenti chissà quali sostanze occupano lo spazio di un altare in stucco tardo barocco scalfito dalle picconate del tempo e di abituali visitatori che in passato, probabilmente al fine di scaldarsi, hanno appiccato il fuoco. Sempre all’interno, alzando lo sguardo verso il rosone e il soffitto si notano evidenti segni di scolo dell’acqua e un po’ dovunque l’umido sta inesorabilmente sgretolando l’intonaco.
Si resta increduli dinanzi allo scempio perpetrato in un ambiente sacro di proprietà della nobile famiglia Marini Serra, pieno di decorazioni floreali e angeliche e, all’esterno, caratterizzato da un piccolo affresco raffigurante la Madonna del Rosario. Eppure per rendere questo bene culturale fruibile alla collettività basterebbe semplicemente rimuovere l’ammasso di rifiuti, sistemare il tetto e dar nuovo decoro al tutto. La Sovrintendenza ai beni culturali potrebbe esercitare pressione sui legittimi proprietari insieme all’amministrazione comunale che, intanto, potrebbe sbarrare l’accesso alla cappella evitando altro scempio. Ma probabilmente come nel caso dell’ex casa di riposo Umberto I e dell’annesso convento dei Cappuccini del XVI secolo (leggi articolo), recuperare costa tempo, risorse e fatica, mentre voltarsi dall’altra parte è più facile e in alcuni casi indolore.