Si definisce “operatrice silenziosa” della memoria e dell’impegno. E guai a usare “l’io”. Nancy Cassalia 22 anni di Lamezia Terme (Cz), studia Giurisprudenza all’Università Magna Grecia di Catanzaro ed è responsabile del settore giovanile per l’associazione Libera – nomi e numeri contro le mafie in Calabria. Fedele all’insegnamento di don Luigi Ciotti, crede nella forza della comunità e nella corresponsabilità, «perché la lotta al fianco dei familiari delle vittime innocenti delle mafie per pretendere dallo Stato verità e giustizia deve riguardare tutti». Sui suoi profili social scrollano in rassegna le attività di formazione nelle scuole e i tanti raduni giovanili a cui ha partecipato e che ha organizzato in vista di questo tanto atteso 21 marzo, Giornata nazionale della memoria e dell’impegno, ma dice di avercela con chi «si riempie la bocca della parola antimafia, che non significa niente se non per molti solo una bandiera da sventolare all’occorrenza».
Cosa significa per te che dopo 10 anni il 21 marzo ritorni ad essere celebrato nel tuo territorio?
Nella Locride ci sono stati decine di omicidi e tanti familiari aspettano ancora giustizia. Dimostriamo che esiste una Calabria più forte della ‘ndrangheta. In molti pensano che i clan siano “dormienti” solo perché non sparano più. Anche se gli ultimi omicidi di mafia a Locri sono stati nel 2005, quando uccisero prima Gianluca Congiusta poi Francesco Fortugno. Senza dimenticare i piccoli Dodò, Domenico Gabriele e Cocò Campolongo, uccisi rispettivamente nel settembre 2009 a Crotone e nel settembre 2015 a Cassano allo Jonio, nel Cosentino. Allora tutta la comunità si ribellò. Ma alla ‘ndrangheta oggi non conviene più spargere sangue per le strade, non serve più intimidire perché attirerebbe troppa attenzione. Piuttosto agisce sottotraccia e continua a controllare il territorio. Dobbiamo dimostrare che noi calabresi sappiamo essere comunità, che sappiamo difendere la nostra meravigliosa terra. Contribuiamo tutti a far sorgere il bello, come recita quest’anno il titolo della Giornata, dovremmo essere tutti “testimoni di bellezza”.
La Giornata della Memoria e dell’Impegno è stata istituita ufficialmente dal Parlamento come data nazionale. Era una delle battaglie più importanti di Libera. Come valuti questo risultato?
Quella legge è monca. Non so neanche se definirla una vittoria a metà. Manca un aggettivo fondamentale: “innocenti”. In questo modo un mafioso che è stato ucciso in un regolamento di conti è equiparato a quei cittadini onesti che si sono opposti ai clan. Proprio perché ci siamo battuti in questi anni, individuando una data simbolica, il primo giorno di primavera, che potesse accomunare tutti i familiari con cui lavoriamo da tempo, questa legge per molti di loro è come uno schiaffo. Continueremo a batterci per ottenere il riconoscimento delle vittime innocenti. Non è una sottigliezza.
I clan in Calabria non sparano più, ma controllano il territorio anche con le scritte sui muri. E Libera qui come risponde?
Esistono i presidi che lavorano a stretto contatto con i coordinamenti ed è una rete che si fortifica ogni giorno. Riusciamo a organizzare diverse attività, andiamo nelle scuole a fare progetti con gli studenti. Li facciamo incontrare con i familiari delle vittime innocenti, e poi i ragazzi devono produrre un racconto sulla storia che hanno ascoltato per solidificare la memoria. In questi mesi con il coordinamento di Catanzaro abbiamo svolto attività di formazione in venti scuole della provincia. Anche in zone socialmente molto difficili e abbandonate come il quartiere Pistoia, dove vivono prevalentemente famiglie di etnia rom. Ed è stato proprio lì che sono successe cose importanti, molti giovani rom hanno partecipato ai nostri seminari in chiesa grazie alla collaborazione delle famiglie.
Perché hai scelto di impegnarti con Libera?
Ho partecipato a un campo estivo di Estate Liberi a Isola Capo Rizzuto nel 2013. Una delle esperienze più belle della mia vita. Ho toccato con mano la mia terra, in tutti i sensi. Mi alzavo presto al mattino insieme al resto del gruppo e si andava a lavorare nei campi dei beni confiscati. Ho conosciuto da vicino quella realtà, ho visto che esisteva una Calabria attiva, tanti giovani provenienti dalle altre province e dal resto d’Italia che con il loro impegno seminavano speranza. Così ho deciso che il mio percorso doveva proseguire e tempo dopo mi misi in contatto con Rocco Mangiardi, testimone di giustizia a Lamezia Terme per costituire un presidio nella nostra città. Progetto al quale stiamo ancora lavorando.
Il tuo territorio viene descritto come uno dei più difficili, fin dove è vero?
Lamezia è un territorio estremamente complicato. Tra l’altro nell’ultimo anno si sono verificati nuovi atti intimidatori e strani omicidi. La scorsa estate hanno incendiato i terreni della Cooperativa Le Agricole che fa capo alla Comunità Progetto Sud di don Giacomo Panizza. Vuol dire che c’è stato un ricambio nelle famiglie mafiose, perché molti boss e affiliati sono stati arrestati dalle Forze dell’Ordine, quindi bisogna capire chi c’è dietro questi episodi. La nostra rete di associazioni è solo uno strumento per raggiungere uno scopo superiore: riscattare la nostra terra e tutto il paese dalle ingiustizie. Per questo andiamo nelle scuole a incontrare gli studenti. Recentemente in un Istituto di Catanzaro un ragazzino di 12 anni mi ha detto “con le tue parole mi hai fatto capire da che parte stare”. È stato emozionante, sono piccole cose che mi danno ancora più determinazione ad andare avanti. Infatti credo che nelle scuole non ci si dovrebbe limitare alla didattica classica, ma prevedere laboratori improntati alla cittadinanza responsabile. In territori complicati come Lamezia sarebbe davvero utile.
Con don Luigi Ciotti hai mai parlato?
Si, due anni fa, in occasione del 25esimo anniversario dell’omicidio dei netturbini Francesco Tramonte e Pasquale Cristiano. Libera è una grande famiglia. Siamo un enorme “noi” collettivo. Don Luigi è venuto a Lamezia e abbiamo passato un’intera giornata insieme per un incontro che ho moderato io dove interveniva lui e i familiari delle vittime. Alla fine del mio intervento introduttivo mi ha abbracciato e ho trattenuto a stento le lacrime.
Dove e come lo vedi il tuo futuro?
Come si può immaginare mi piace molto il diritto penale e dopo l’Università vorrei intraprendere la carriera di magistrato, per questo vorrei andare a Napoli per entrare nella Scuola Superiore di Magistratura.