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CAOS LIBIA | A «Sud di Roma» non si arriva in un giorno

alfredo sprovieri
alfredo sprovieri
Febbraio16/ 2015

di S. Alfredo Sprovieri

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Il cimitero di Sirte dopo la guerra civile libica del 2011 (Joseph Eid/AFP/Getty Images)

Puntata alla porte dell’Europa, una barca salpata dal porto di Tripoli solca le poche acque che dividono la Libia dall’Italia. Scortata in mare dalla Marina militare e in cielo da un Predator senza pilota, conta a bordo un centinaio di donne e uomini. Stavolta sono tutti italiani.

Sono gli effetti di quello che ieri il governo italiano ha definito «preannunciate operazioni di alleggerimento dei connazionali presenti nel Paese». Sul mercantile maltese preso in affitto dall’Italia sono saliti anche mezzi e risorse italiane, oltre che i dipendenti dell’ambasciata di Tripoli, chiusa per motivi di sicurezza. Operazione preannunciate nel senso che il ministero degli Esteri diffonde da settimane attraverso un sito dedicato (QUI) allarmi per gli italiani residenti in un Paese ormai fuori controllo, ma in realtà da che mondo è mondo la chiusura dell’ambasciata e il ritiro dei connazionali prelude presto o tardi alla parola più brutta che sia mai stata scritta.

Cosa sta succedendo il Libia? Succede, senza giri di parole, che il califfato islamico, indisturbato, prende quote di potere nelle città. Occupa palazzi, radio e televisioni. A «Sud di Roma», come ha battuto ieri l’agenzia del terrore in mano all’Isis, però non si arriva in un giorno. L’ambasciata di Tripoli, coraggiosamente tenuta aperta fino a ieri, nei passati mesi è stata protagonista di più di un vertice internazionale in cui si è tentato di scongiurare quello che ora appare in scongiurabile; ma «la situazione era fin troppo prevedibile già nel 2011», ha dichiarato Romano Prodi, ex Presidente della Commissione europea ex Premier italiano e già inviato speciale dell’Onu per il Sahel e padre della Fondazione per la collaborazione dei popoli.

Vertice Straordinario dei Capi di Stato e di Governo sulla crisi libica (ingrandire faccia di Berlusconi).
Vertice Straordinario dei Capi di Stato e di Governo sulla crisi libica (ingrandire faccia di Berlusconi).

Si riferisce, intervistato dal Fatto Quotidiano, alla cacciata del colonnello Gheddafi, fissazione transalpina che la storia d’Italia (se vuoi leggi Ustica e i suoi fratelli) ha pagato sempre a caro prezzo, fino all’azione militare comunicata da Nikolas Sarkozy con i caccia già in volo verso Tripoli, in un vertice da thriller a Parigi che verrà ricordato anche per la faccia de-ceronata dell’ex baciamano Silvio Berlusconi, colto dalla telecamere internazionali nell’imbarazzo tipico dei protagonisti del trash della tv americana Cheating. Era passato un mese dalle prime rivolte, archiviate sulla scorta delle Primavere arabe dei paesi vicini. Fra il 19 e il 20 marzo l’intervento in Libia fu inaugurato dalla Francia con un attacco aereo diretto contro le forze terrestri di Gheddafi attorno a Bengasi, qualche ora più tardi sul cielo libico caddero anche missili da crociera tipo Tomahawk, partiti da navi militari statunitensi e britanniche. Gli attacchi, sono stati unificati sotto l’operazione Unified Protector a guida NATO solo il successivo il 25 marzo. La coalizione si è espansa nel tempo fino a comprendere 19 stati, fra cui l’Italia, i combattimenti sul suolo libico tra il Consiglio nazionale di transizione e le forze di Gheddafi sono cessati invece nell’ottobre 2011 in seguito alla morte del Ra’is. Conseguentemente, la NATO ha cessato ogni operazione il 31 ottobre.

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Una famosa foto di Aris Messinis per la France Press; ribelli a Sirte combattono accompagnati da chitarre

Cos’è successo da allora?  In estrema sintesi un lento avvicinarsi all’anarchia, intramezzato da elezioni beffa, governi transitori e parlamenti esautorati. Nel mentre che la Nato arretrava, le milizie che hanno combattuto contro Gheddafi sono rimaste, seppur divise in bande, a esercitare – ben lontano dallo stato di diritto – un potere sempre più esteso sul paese reale. Il network islamista in questa situazione è stato molto più attento alla Libia delle forze occidentali, ha aspettato il momento giusto e ha coagulato intorno a sé un vasto (ma non ancora maggioritario) consenso, garantendo il governo del territorio in opposizione al governo centrale, che è stato (mai velatamente e persino a ragione) accusato dai jihadisti locali e internazionali di aver tradito la rivoluzione e di aver svenduto il paese agli interessi occidentali.

In mezzo alle macerie, aperta la breccia con i gruppi salafiti, e quindi ideologicamente affini, attivi in Cirenaica, i tagliagole del Califfo sono arrivati a conquistare avamposti nelle città affacciate sul Mediterraneo. Da lì, dalle sponde di un paese che è stato sempre ricco di petrolio, avanzato e benestante, retto e quindi influenzato da decenni di una dittatura certamente islamica e conservatrice, ma anni luce lontana dalla jihad, si è cominciato ad importare meno ricchezze controllate dall’Eni, e più povertà controllate dagli estremisti che hanno guidato, spesso impuniti, migliaia di barconi pieni di disperati in fuga dalle città in macerie. Adesso che una di loro è piena di suoi connazionali, l’Italia si è come improvvisamente resa conto della minaccia nel giardino che ha costretto a scappare i vicini e che, nel legittimo nome della paura, autorizzerà magari una nuova campagna di Libia, seguita dalla tanto agognata ripresa economica.

alfredo sprovieri
alfredo sprovieri

Nel 2002 ha fondato "Mmasciata". Poi un po' di tv e molta carta stampata. Più montano che mondano, per Mimesis edizioni ha scritto il libro inchiesta: "Joca, il Che dimenticato".

  • Walter Rispondi
    9 anni ago

    Buona analisi, comparix. In molti vedono nella primavera araba il male assoluto che ha portato gli estremisti islamici a conquistare un potere che diventa giorno dopo giorno una minaccia per l’occidente e l’Italia in primis. Ma in pochi si chiedono da dove deriva e nasce la primavera araba: secoli di colonialismo, dittatori farlocchi al servizio dell’occidente che hanno tenuto in povertà e hanno bloccato la crescita dei paesi poveri o in via di sviluppo. Fino a che Gheddafi compiva eccidi nel suo paese, fino a quando le guerre rimanevano lontano dai riflettori e dal nostro giardino, ancora poteva andar bene. Oggi che la minaccia si avvicina, siamo tutti un pò preoccupati…..

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