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LIBERDADE* | La Finale dei due Papi, il Mondiale delle due Chiese

alfredo sprovieri
alfredo sprovieri
Luglio15/ 2014
redentore
Una suggestiva immagine del Redentore di Rio De Janeiro e dello stadio Maracanà

di S. Alfredo Sprovieri

Il finale scontato non è stato quello della Germania campione del Mondo, ma del disastro per il popolo brasiliano. Stime ufficiali iniziano a confermare quanto già si sapeva da tempo: i Mondiali di calcio in Brasile sono stati un affare solo per la Fifa e i suoi sponsor. I profitti sono stati privatizzati, le perdite sono state socializzate in un paese già in enormi difficoltà di inflazione e ingiustizia sociale, lontano da una vera e propria liberdade. Una marea di scandali (l’ultimo in ordine di tempo quello legato al gigante delle costruzioni Oderbrecht, vincitore di molti appalti e grande finanziatore del Pt, il partito di governo) e un’eredità pesantissima di cattedrali nel deserto incapaci di coprire con i ricavi le enormi spese effettuate. Diventano quindi sempre più avvedute (ancorché combattute con arresti sommari e calunnie) le oceaniche proteste popolari attenuatesi per le illusorie vittorie della Nazionale verdeoro ma destinate a tornare a boomerang dopo la clamorosa disfatta della Selecao di Scolari. Per i destini di questa complessa vicenda (che non si concluderà prima delle Olimpiadi del 2016 in Brasile) resta da parlare di una protagonista importante, la Chiesa.

Se la finale è stata infatti quella dei due Papi, il Mondiale si è confermato quello delle due Chiese. Un anno fa un importante pezzo della Chiesa brasiliana, impegnata ad organizzare la visita di Papa Francesco per la storica giornata mondiale della gioventù di luglio 2013, si è mostrata dalla parte di chi si batte per un domani migliore. Lo stesso Bergoglio di ritorno in aereo aveva dichiarato: «Un giovane che non fa sentire la sua voce non mi piace. Non conosco a fondo le ragioni che animano le proteste dei brasiliani, ma i giovani devono sfruttare le energie che possiedono per difendere i loro ideali», ma durante la sua visita non mancarono le proteste di sigle sociali bollate anche da una parte dei vescovi come vandali e terroristi. Un anno dopo una parte importante della Chiesa brasiliana però è tornata ad attaccare il Mondiale: «Le attese erano enormi. Ci avevano detto che il Mondiale avrebbe lasciato un’eredità che sarebbe rimasta – ha lamentato all’agenzia Misna il cardinale Odilo Pedro Scherer, arcivescovo di San Paolo – E’ vero, gli stadi sono stati costruiti, come anche alcune infrastrutture. Ma si vede poco. E poco è stato investito nelle politiche sociali. La gente non andrà tutti i giorni allo stadio. Tutti i giorni andrà invece a scuola, dovrà viaggiare, chiedere assistenza negli ospedali».

Papa Francesco durante la sua storica visita a Rio, nel luglio dello scorso anno.
Papa Francesco durante la sua storica visita a Rio, nel luglio dello scorso anno.

La curia carioca cerca di mettersi al fianco del suo enorme popolo per questioni anche politiche; nel paese sudamericano vivono 123 milioni di cattolici, ma negli ultimi anni la chiesa cattolica sta perdendo fedeli a favore di altre chiese come quella evangelica. Mentre dal 1970 al 2000 il numero dei cattolici era in costante aumento, dal 2000 al 2010 la popolazione cattolica nel paese ha cominciato a diminuire ed è passata da 125 milioni a 123 milioni di persone; i cattolici nel 2000 erano il 74 per cento della popolazione brasiliana, invece nel 2010 sono diventati il 65 per cento della popolazione. Il bagno oceanico per Papa Francesco (che in quella occasione mise in evidenza le incredibili falle organizzative del Paese con la macchina del Pontefice che sbagliò corsia e finì nel mezzo della folla) e la posizione di critica al governo dei Mondiali sono due facciate che rappresentano il grande lavoro delle parrocchie di strada, spesso isolate dal potere ecclesiastico.

Anche sotto la dittatura militare (1964 -1985) la Chiesa cattolica a livello nazionale appariva spaccata in due rispetto alla Resistenza armata; da un lato una minoranza fortemente reazionaria sosteneva la politica del governo brasiliano, tacciando di terrorismo i moti urbani e popolari, dall’altro la chiesa cattolica di base, che si schierò con i dissidenti politici, pagandone duramente il prezzo. In particolare in Amazzonia, teatro di una sottaciuta e tremenda guerriglia di resistenza, gli uomini di fede andavano di fatto a sostituirsi al welfare nazionale per sostenere la popolazione nelle aree più disagiate, appoggiando l’azione dei guerriglieri.

Don Pedro Casaldáliga, il vescovo dei poveri, con l'immancabile bastone di legno.
Don Pedro Casaldáliga, il vescovo dei poveri, con l’immancabile bastone di legno.

Un personaggio storico è Dom Pedro Casaldaliga, vescovo emerito di Sao Felix do Araguaia, che due anni fa ha dovuto, a 84 anni suonati e malato di Parkinson, lasciare la sua casa e la sua comunità nel Mato Grosso in Brasile da dove vive dal 1968. Nel 1976 mentre reclamava la liberazione di due contadine ,un poliziotto gli sparò un colpo a bruciapelo ma il gesuita Joao Bosco Burnier gli fece scudo con il suo corpo e lo salvò. Da quel momento Casaldaliga diventerà un ‘sorvegliato speciale’ dei generali e dei latifondisti, oggetto di intimidazione, minacce e ordini di espulsione. Nel 1993 i latifondisti di nuovo assoldarono un sicario per ucciderlo, ma anche allora dom Pedro si salvò. Nel 2003, compiuti i 75 anni, dom Pedro diede le dimissioni, ma chiese di rimanere con il suo popolo a Sao Felix. Al posto della mitra portava il cappello di paglia dei contadini, un bastone di legno degli indios tapirapè invece del pastorale e un anello di legno tucum, usato dagli schiavi invece di quello d’oro. Rifiutò subito di vivere nel palazzo vescovile, e scelse di vivere con la gente. Insieme agli agenti pastorali, scrisse ben presto la famosa lettera pastorale Chiesa dell’Amazzonia in conflitto con il latifondo e l’emarginazione sociale,una penetrante analisi dei meccanismi perversi del capitalismo che lo renderà inviso ai generali e latifondisti, ma anche in Vaticano.

In quegli anni furono moltissimi i parroci non allineati che vennero arrestati e torchiati a dovere dai militari. A São Domingos do Araguaia il 2 giugno del 1972, durante le celebrazioni del corpus domini, i militari circondarono la casa giorno delle suore. Intimarono a suor Maria Grazia e a Padre Roberto de Valicourt di seguirli in caserma. In uno degli interrogatori più duri Padre Roberto si decise a discutere con i militari:

«Chiamate gli uomini dei boschi terroristi, ma siete voi che praticate sistematicamente il terrore nella popolazione, rendetevene conto».

E lì si tacque, timoroso per la punizione che l’aspettava.

«Non capisco, siete un uomo di chiesa, perché fate tanta propaganda per il comunismo?»

Gli chiese stupito il più alto ufficiale nella stanza, fino a quel momento rimasto in silenzio.

«Tu chiami vescovi, sacerdoti e suore… ‘comunisti’. Non capisci che la gente di questa regione non sa nemmeno cos’è il comunismo, disprezzano così tanto voi e ammirano così tanto tutte queste persone che finiscono però per pensare che sia una cosa buona».

Nella stanza calò un gran silenzio, poi qualcun altro disse:

«Quindi se tu non sei un comunista, sei un socialista cristiano!»

A quel punto si arrese.

«No, proprio non capite. Io sono solo un discepolo di Gesù Cristo!»

Il regime decise di far sollevare dall’incarico tutti i parroci, convincendo le popolazioni, con le buone e le cattive, che quella con cui avevano avuto a che fare fino a quel momento era una chiesa finta, guidata dal demonio. Fra loro qualche anno prima c’era un giovane prete genovese. Durante gli anni del noviziato con i salesiani chiese di partire missionario e venne subito accontentato: destinazione San Paolo del Brasile. Lì conobbe le ingiustizie della dittatura Vargàs, in una delle sue fasi più acute. Un anno dopo la tensione salì al massimo nel Paese; quel prete italiano era una mina vagante e senza molti indugi venne costretto a fare ritorno nel suo posto d’origine, dove per tutti i lunghi decenni di battaglie sociali che seguirono non si stancò di dire che «chi sceglie gli ultimi non sbaglia mai».

Si chiamava Don Andrea Gallo.

 

*Ultimo estratto da “LIBERDADE” libro-inchiesta in attesa di editore

– La Faccia Oscura dei Mondiali di Calcio

Perché è azzurro il cielo d’Amazzonia

Mundial 2014: paradiso o inferno per giornalisti?

– Quegli operai morti al posto di Messi

alfredo sprovieri
alfredo sprovieri

Nel 2002 ha fondato "Mmasciata". Poi un po' di tv e molta carta stampata. Più montano che mondano, per Mimesis edizioni ha scritto il libro inchiesta: "Joca, il Che dimenticato".

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