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LA CREATURA | Salvini è un’App e non se n’è accorto nessuno

mmasciata
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Febbraio28/ 2015

di Pablo Petrasso

Per un americano che si informa sul New York Times, Matteo Salvini è quel buffo politico italiano che ha condotto su Twitter (con tanto di “manifesto”) una battaglia durissima contro la burocrazia europea: «Dall’anno prossimo, nel nome del “risparmio energetico”, è possibile che l’Europa metta fuori legge i tostapane doppi – scriveva il 24 novembre 2014 –. Sì, avete letto bene. Scaldare due fette di pane insieme non sarà più possibile».

Il manifesto bufala di Salvini gli ha fatto guadagnare una citazione sul Nyt (e chissà quanti voti)
Il manifesto bufala di Salvini gli ha fatto guadagnare una citazione sul Nyt (e chissà quanti voti)

Era, per il nostro, motivo sufficiente a uscire dall’Europa, «questa gabbia di matti» che cova rancore contro gli spalmatori di pane e nutella. Vabbè, era una bufala, smascherata – prima ancora che dal Nyt – da pagellapolitica.it, il sito italiano che si occupa, in (quasi) splendida solitudine, di fact checking. Valutata come “pinocchio andante”, quella sui tostapane non è l’uscita peggiore del leader della Lega. Che si è superato lanciandosi in una considerazione di tipo economico: «Guarda caso le uniche economie europee che stanno crescendo in questo momento sono quelle che hanno avuto la forza e la fortuna di mantenere la loro moneta». Una banale fesseria: le economie in più forte decrescita – Romania e Danimarca – sono entrambe fuori dall’area euro; quelle che crescono – Malta, Slovenia e Lettonia – appartengono all’Eurozona. Quella volta, Matteo Salvini si è beccato un bel “panzana pazzesca”.

In Italia non bastano un paio di stupidaggini per sbattere fuori un politico dal circo mediatico (se è per questo, non bastano neanche un paio di condanne definitive). Specialmente Salvini. Che è un prodotto da esibire sullo scaffale dei talk show di approfondimento (leggi qui). Fa audience, ha lo sguardo feroce, parla alla pancia del Paese (la pancia del Paese evidentemente è disposta ad assorbire parecchio junk food politico) e si serve della tv per via dell’attitudine del tubo catodico a fare da moltiplicatore di bufale e, forse, di consensi.

Salvini è un’applicazione: non “saltella” sul vostro Mac ma da un canale all’altro. Si “apre” da sola sui social network, produce retweet e “mi piace”. Non è un’iperbole: il leader della Lega è davvero un’app. Perché si serve di un sistema che trasforma i suoi follower in portavoce. Gli account ripubblicano tutti i messaggi (anche quelli sui tostapane) del Bossi 2.0 e spesso non fanno altro. Non c’è nulla illegale. Facebook, però, non lo consente, mentre twitter lascia fare. Alcuni sostenitori virtuali non hanno foto né descrizione. E neanche un follower, ma contribuiscono alla macchina del consenso virtuale. Molti dei suoi più fedeli seguaci, insomma, non esistono. Ma fanno numero. [1]

E sui social network – e dire che ci sono stati presentati come luoghi in cui intessere relazioni – contano quasi esclusivamente i numeri. Siamo davanti a una riproposizione (pure questa) 2.0 del celodurismo di Umberto Bossi (la “forza” però viene slittata sul piano del consenso virtuale).

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Le campagne social di Salvini in pieno stile zio Tom

Sì, perché in fondo non è cambiato nulla rispetto a vent’anni fa. La Lega ha sempre saputo come usare i media. Il primo a capirlo fu proprio Bossi: finiva puntualmente in televisione parlando male del Sud e dei meridionali. Il razzismo è spazzatura che si vende bene. E l’app Salvini continua a venderlo. Si indirizza verso nuovi nemici: il voto di un meridionale vale quanto quello di un lumbàrd, dunque tanto vale prendersela con i migranti. E giù ad agitare lo spettro dell’invasione dei “nuovi barbari” dal Sud (del mondo, questa volta).
Il trucco riesce: ce lo hanno ricordato, purtroppo, i due calabresi ritratti nel taxipoll di Missouri4 nell’ultima puntata di Gazebo (qui dal minuto 12:20, più o meno). Loro sono pronti a votare Salvini, certo non fanno un figurone ma non se ne vergognano neanche un po’.

Lo spauracchio migrante e la violenza del messaggio aumentano i like e i preferiti, vera ossessione di Salvini. Non è cambiato nulla rispetto al 2010 e al racconto del futuro leader fatto da Furio Colombo nel suo libro-invettiva “Contro la Lega”: «Osservate Matteo Salvini mentre si lascia mostrare su un monitor del Tg3-Linea notte: cautamente, il conduttore Mannoni sta indietro come un domatore prudente. L’idea che il monitor sia una gabbia che tiene alla giusta distanza un esemplare pericoloso è suggerita dallo sguardo-sfida di Salvini (quando sta in silenzio), dalla smorfia di caratterista cattivo del vecchio cinema, quando ascolta le domande; dall’impeto – diciamo pure dalla violenza – con cui risponde». Era il 4 giugno 2010 e Salvini era: eurodeputato, consigliere comunale di Milano, direttore di Radio Padania e di varie altre cose (la Lega ha praticamente inventato gli incarichi multipli). Assieme a lui c’era la giovane scrittrice napoletana Valeria Parrella. Disse: «Non mi piace un partito xenofobo che governa tutta l’Italia ma è eletto solo in alcune regioni, che perseguita i rom e rimanda in Libia gli immigrati». Ecco, forse solo questo è cambiato. Certe cose a Salvini – mentre moltiplica i tweet, aumenta i “mi piace” e occupa il piccolo schermo – non le dice più nessuno.

 

 

[1] Qui, per chi ha un po’ di tempo da dedicare alla lettura, c’è un analisi molto approfondita della questione.

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Il collettivo Mmasciata è un movimento di cultura giovanile nato nel 2002 in #Calabria. Si occupa di mediattivismo: LA NOSTRA VITA E' LA NOTIZIA PIU' IMPORTANTE.

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